Roma

Giallo sulla morte di un neonato in clinica

I genitori presentano un esposto in Procura. Vogliono capire perché il piccolo sia spirato nonostante fosse nato sano

Giallo sulla morte di un neonato in clinica

Alessia Marani

Nasce sano, muore in clinica dopo poco meno di due giorni. I genitori presentano un esposto alla Procura della Repubblica, chiedono che si faccia luce sulla morte del loro piccolo Gabriel Moreno, partorito da mamma Fabiola Donati alle 21,42 di venerdì 4 novembre alla «Nuova Itor» di via Pietralata e spirato alle 12,30 della domenica successiva.
Un decesso avvenuto secondo i medici per un «arresto cardiocircolatorio in seguito a ipoglicemia», tesi, però, che non convince affatto i coniugi Donati: «Nostro figlio - dicono - aveva avuto dei tremori, un’abbondante sudorazione, aveva delle macchie rosse sulla pelle che, inizialmente limitate solo al mento, si sono poi estese a tutto il viso. Ma i sanitari continuavano a dirci che il bimbo stava bene, che erano cose normali. Invece, eccoci qua a chiedere giustizia». Soprattutto, Fabiola e Stefano, il marito, vogliono sapere che cosa è successo a Gabriel esattamente tra sabato e domenica, se è stato davvero fatto tutto il possibile per salvargli la vita, se le apparecchiature in funzione nel Reparto fossero appropriate a intervenire sulla diagnosi del piccolo. «La dottoressa Ernesta Marando, consulente medico per la difesa - spiega l’avvocato Luciano Randazzo, a cui i Donati si sono rivolti - ha escluso che l’ipoglicemia evidenziata potesse indurre alla morte, tanto più che solo alle 11,30 le analisi effettuate sul bebè mostravano valori normali. Il fatto più inquietante è che ben cinque testimoni, tra cui uno zio del bambino, affermano di avere visto una grossa macchia ematica nell’incubatrice dove giaceva Gabriel prima della morte. Sangue che, sempre stando alla consulenza della Marando, non sarebbe riconducibile a una complicanza ipoglicemica. Oltretutto, dalle cartelle cliniche, risulta che Gabriel appena venuto alla luce è stato per così dire catalogato come codice 5. Vale a dire “bimbo sanissimo”».
Fabiola, 26 anni, è alla seconda gravidanza. Otto anni fa ha avuto una bambina, Zuleika, in un ospedale di Monteverde. Nessuna complicanza, allora come nei nove mesi in cui ha portato avanti Gabriel. «Dopo il parto - racconta - rivedo Gabriel alle sei del mattino di sabato per l’allattamento. Quindi, continuo a dargli il latte ogni tre ore. L’ultima volta sabato a mezzanotte, poi il giorno dopo ero convinta di tornare a casa con lui. Ma alle 6,30 del mattino, arriva il pediatra, il dottor Giuseppe Licata. Mi dice che il bambino ha avuto un leggero calo di zuccheri, niente di preoccupante. Mi chiede se ho mai avuto problemi di diabete. Gli dico di no, ma che vi erano stati dei casi nella famiglia di mio marito. Ma tutto va bene, mi dice di stare tranquilla». Alle 9,30 il medico ritorna. «I valori sono nella norma, mi dice - aggiunge Fabiola - ma è meglio metterlo in incubatrice. Meglio che resti ancora in clinica. Rivedo Gabriel con mio marito un quarto d’ora più tardi, nell’incubatrice. Ci fa una gran pena coi cerottini ai piedi per i prelievi fatti. Una puericultrice mi tranquillizza dicendomi che appena può me lo fa allattare artificialmente. Torno in stanza, alle 12,15 succede un putiferio. Il vitto non passa, mi chiedo come mai. Il problema è che tutti sono indaffarati al nido. Ma lì dentro era rimasto solo mio figlio, gli altri bebè erano stati dimessi. Ho un colpo al cuore. Il via vai di medici e infermieri è frenetico, ma nessuno ci vuole dare spiegazioni. La puericultrice piangeva e chiamava il pediatra. Poi ho sentito arrivare un’ambulanza. L’infermiera che cercava dei cavi e uno spinotto per collegare chissà quale macchinario. È andata anche via la luce per qualche istante. Solo alle 13,30 Licata ci ha informato che Gabriel era morto».
«Morte bianca», liquida il dottore davanti ai genitori. Sebbene il primario, dottor Marcello Fabiani, con certificazione dello stesso 6 novembre certifichi che il piccolo è morto per collasso cardiocircolatorio derivante da ipoglicemia e anche il medico necroscopo lo confermi il giorno successivo. «Ma i punti oscuri nella vicenda - conclude l’avvocato Randazzo - sono troppi. Appare strana, appunto, la causa di morte ascrivibile a ipoglicemia in quanto nella casistica ordinaria non può considerarsi elemento riconducibile al decesso. Il tremore e le macchie messe in evidenza dalla mamma, poi, non sono state prese in considerazione. Ma fatto più sconcertante non c’è spiegazione per la macchia ematica riscontrata nell’incubatrice. Ed è assurdo, infine, che un medico possa affermare che un neonato sia deceduto per “morte bianca”, quando questa evenienza si verifica oltre il primo mese dalla nascita e durante il sonno.

Lasciare morire così, inspiegabilmente, un bimbo nato sano nel terzo millennio è inaccettabile».

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