Il giallo della truffa con i titoli falsi «Li porto a Profumo»

Massimo Malpica

RomaTitoli falsi per somme esorbitanti, faccendieri veri o presunti, trattative esotiche al sole di Dubai, ma anche all’ombra delle nubi che si addensavano su Unicredit. E così, nelle carte dell’inchiesta romana sul tentato raggiro internazionale, saltano fuori un po’ di nomi eccellenti, a vario titolo tirati in ballo, loro malgrado, dai protagonisti dell’affaire.
C’è un capitolo della richiesta d’arresto del pm Stefano Fava nei confronti di otto indagati dedicato a «Unicredit-Profumo». Un capitolo che racconta, attraverso intercettazioni e pedinamenti, il tentativo della presunta associazione per delinquere di piazzare uno o più di questi «iboe» (International bill of exchange) targati Usa proprio nella banca all’epoca guidata da un Profumo in difficoltà. Tanto che, in una chiacchierata tra due indagati (Stefano Loy e Ivo Sobrero), quest’ultimo arriva a dire: «Ah, certo, salvare l’Unicredit sarebbe il massimo». I due si riferivano al piano di cessione di alcuni di queste «cambiali» proprio a Profumo, per ottenere uno sconto bancario sui titoli. Loy, in particolare, racconta che Elio Ciolini, altro indagato, gli avrebbe detto che «se sono buoni (gli iboe, ndr) io in questo momento li porto direttamente, me li prende tutti Profumo, perché gli salvo il culo (...) perché senò lui salta». Obiettivo dell’operazione, si dicono ancora i due al telefono, è farsi dare «una linea di credito e un po’ di soldi subito», così «siamo a posto».
Ciolini, che s’accredita come tramite con l’ex Ad, vuole garanzie sull’autenticità dei titoli: «La persona è di alto livello, non ci si può sbagliare». Così Loy e Sobrero fanno una non meglio precisata verifica in Germania, e commentano con enfasi il presunto esito positivo del controllo, e il prossimo incontro con «Coco Chanel», secondo gli inquirenti un nome in codice per Profumo. Loy: «Ci hanno chiesto dove cazzo abbiamo messo le mani, nel senso che mi dice, voi vi rendete conto che questa cosa può ribaltare il Paese? (...) domattina abbiamo già l’appuntamento con Coco Chanel». In un’altra telefonata ancora Loy, comunicando a un terzo non indagato che l’incontro con Profumo è per il giorno dopo, afferma che se l’Ad si prende i titoli «ho la certezza assoluta che il prodotto è strabuono». Gli inquirenti si presentano all’incontro, ma dei quattro presunti manager che si vedono con gli indagati riconoscono solo un dirigente del Banco di Sardegna. Di Profumo, a quanto pare, nemmeno l’odore. Eppure sempre Loy, riferendo al solito Sobrero dell’incontro, racconta: «Coco Chanel è nella peste più nera, nel senso che ha due tipi di problemi, uno che è Geronzi che non sa come fare a togliersi dai c..., e due la famosa ricapitalizzazione Sicav lussemburghese (...) quindi anche lui sarebbe disposto a prendere due (di iboe), lui ci dà una cifra minore, ci darebbe il 15 per cento».
C’era la trattativa con Profumo (né indagato né coinvolto) o no? Dalle carte pare di no. I dubbi crescono quando l’ex avvocato Vittore Pascucci vuol arrivare all’ex Ad tramite «Fabrizio», Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera. Pascucci viene intercettato mentre racconta di un suo incontro con il politico.

Ma gli inquirenti annotano come successive telefonate dello stesso Pascucci dimostrino «che l’incontro non è effettivamente avvenuto». Tanto che Pascucci, dopo aver invano tentato di telefonare a Cicchitto, spiega a un amico di aver deciso di puntare altrove: «Cicchitto fa orecchie da mercante, e noi ce ne freghiamo».

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