Cultura e Spettacoli

Il Giappone in concerto, passando per Prokof’ev

Parte sotto il segno del Sol Levante la terza edizione del Festival MiTo che si è aperta ieri sera all’Auditorium Giovanni Agnelli di Torino e che a Milano inaugura oggi alla Scala. Nessun Paese come il Giappone, del resto, può meglio identificare lo spirito di una rassegna fondata sulle contaminazioni di generi, sul dialogo tra modernità e tradizione, e cultura della sperimentazione. Fino al 24 settembre le due città viaggeranno a braccetto in un volo musicale che offrirà al pubblico oltre 200 eventi tra musica classica, jazz, avanguardia contemporanea, pop rock e etnica. Non sarà facile districarsi nel mare magno di appuntamenti che oltre ai templi tradizionali della musica, teatri, palazzetti e auditorium, invaderanno come uno tsunami luoghi insoliti, strade, piazze e perfino aeroporti. Il Giappone, dicevamo, rappresenta il cosiddetto «focus monografico» del festival. L’omaggio parte da Toshio Hosokawa, 54enne di Hiroshima considerato uno dei più interessanti compositori contemporanei, per arrivare al live straordinario del 2 novembre al Teatro Regio di Ryuichi Sakamoto, pioniere delle contaminazioni tra musica tradizionale d'Oriente e avanguardie elettroniche. Il musicologo Enzo Restagno, direttore di MiTo, chiarisce: «L’incontro col Giappone vuole essere una sintesi musical-filosofico tra Est e Ovest, non una fusione ma un accostamento». Il focus prosegue con una serie di «istantanee» sul Paese del Sol Levante come la Cerimonia del tè, l’Orchestra imperiale di Gagaku e il Teatro No, a cui si aggiungono la rassegna cinematografica «Invisible Japan a Milano all’Anteo e la mostra «That’s Butterfly» al Castello Sforzesco. Ma il piatto forte di MiTo, inutile dirlo, resta la musica sinfonica che quest’anno dedica a Sergej Prokof’ev l’omaggio più importante che apre la rassegna con un ciclo di quattro appuntamenti come quello di stasera alla Scala, già esaurito da molte settimane. Il progetto delle due inaugurazioni è stato affidato all’Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo, diretta da Yuri Temirkanov che tornano al Festival dopo quello costruito su Ciaikovskij-Stravinskij nel 2007. L’Orchestra diretta da Temirkanov, oltre ai concerti d’apertura, sarà protagonista di altre due grandi esibizioni: il 5 settembre agli Arcimboldi di Milano con il pianista Gianluca Cascioli, e al Lingotto di Torino il 6 con Nikolai Demidenko. È anche, questo, il festival dei grandi direttori. Oltre al succitato Temirkanov, in arrivo le «bacchette d’oro» di Pappano dell’orchestra di Santa Cecilia, «St. Martin in the Fields» con Perahia, la Royal Philharmonic con Dutoit, l’Orchestra della Radio Svedese con Harding. «Vogliamo mettere il pubblico di fronte a continue scelte» continua Restagno. «Meglio la musica antica o quella del nostro tempo, il teatro musicale barocco o contemporaneo, orchestre sinfoniche o solisti? Ovvero: meglio ascoltare quello che già si conosce o quello che è ignoto?». A questo dilemma, ovviamente, non c’è risposta e allora meglio affidarsi alla platea dell’umanità senza dunque tralasciare, accanto alla «musica colta», quella pop. Spazio dunque alle canzoni di Gino Paoli, di Van De Sfroos e Elio, ma pure al jazz di Conte, Fresu e Rava. Ce n’è anche per Letizia Moratti che nella città di Chiamparino sarà la voce narrante nella serata dedicata al bicentenario della nascita di Lincoln. È un festival trasversale.

E bipartisan.

Commenti