Giorgio & Manuela fratelli agli antipodi

da Pragelato

Manuela voleva essere chiamata regina, Giorgio si definisce l’ultimo del gruppo. Manuela vinceva ancora prima di aver gareggiato, Giorgio non ci crede nemmeno dopo aver vinto. Manuela volava, volava, imprendibile, Giorgio si aspettava la rimonta dei rivali anche dopo il traguardo. Manuela adora essere al centro dell’attenzione, Giorgio cerca la penombra. Manuela parla con grande utilizzo di sguardi e gesti, Giorgio tiene gli occhi bassi e sta immobile.
Portano lo stesso cognome, Di Centa, ma dev’esserci un errore. Eppure, da ieri, una cosa in comune ce l’hanno: hanno vinto due medaglie d’oro in una stessa Olimpiade, lei a Lillehammer 1994, lui a Torino 2006.
Sono fratelli, si vogliono un gran bene, lei è del 1963, lui ha nove anni di meno e quando è nato, Manu gli ha fatto da mammina, adorava cambiargli i pannolini e provava tanta pena quando lui soffriva di quei terribili attacchi d’asma, malattia che lo ha perseguitato dai 2 ai 12 anni, in un periodo in cui la medicina non aveva ancora trovato gli spray curativi. Ora è solo la zia di Laura, Martina e Gaia, perché di figli non ne ha, «manca il tempo per farli», e per forza, con tutti gli incarichi che ha in ballo, vicepresidente e madrina e rappresentante e portavoce e anche possibile candidata alla presidenza della Fisi, anche se giura di non saperne nulla.
Una sorella ingombrante, una sorella che ieri sera gli ha messo al collo l’oro della 50 chilometri dopo aver fatto lo stesso con quello della staffetta, una sorella sempre al posto giusto nel momento giusto, ricordate a Salt Lake City la premiazione per l’oro della Belmondo? C’era sempre lei, Manuela, a mettersi in mostra nei momenti storici.
«Ma io non l’ho mai patita, anzi. Manuela è saggia ed esperta, quando lei vinceva a Lillehammer io facevo ancora la coppa Europa, dal 1995 abbiamo girato assieme e lei mi ha solo e sempre aiutato. Per me questi due ori non sono importanti in quanto eguagliano i suoi, e non lo sono nemmeno sotto l’aspetto economico, dei premi in denaro mi importa poco, il valore di questa medaglia è il risultato di sacrifici, fatica e dedizione».
Se dopo la vittoria Manuela si addentrava in discorsi sulle sensazioni del suo io, parlava di filosofia e di scoperta di se stessi, Giorgio racconta della scommessa fatta con Gianfranco Polvara, il fedele skiman: «Da tempo invidiava la mia Fiat 500 del 1967, un gioiellino d’epoca che io non ho nemmeno il tempo di godermi, e mi chiedeva se gliela vendevo, così prima della 50 gli ho detto: dai, se vinco te la regalo. Tanto, mi sono detto, sarà impossibile che io vinca, e invece...».
Nelle conferenze, Manuela parlava della condizione femminile e delle qualità che la donna può mettere sul piatto per farsi strada nella vita, adesso trova parole pesanti anche per celebrare il fratello: «È grande non solo come atleta, ma come uomo, per i valori che ha sempre portato con sé».

Giorgio invece sogna i suoi boschi e la sua legna e il suo trattore «che va benissimo così com’è, l’ho cambiato dopo l’argento di Salt Lake City e non ha bisogno di migliorie».
Se Manuela parlava della sua forza, Giorgio ringrazia la fortuna. Ci dev’essere un errore.

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