Politica

Il giorno più nero

Il 16 luglio di 30 anni fa è il giorno nero del comunismo italiano, il giorno in cui diventa segretario del Psi l'uomo convinto dei limiti culturali e politici del Pci, convinto delle debolezze della sua politica e della indiscutibile forza del riformismo socialista. Bettino aveva partecipato l'anno prima alla Conferenza Organizzativa di Firenze con cui Francesco De Martino e Giacomo Mancini pensavano di poter fermare il declino del partito che sembrava inarrestabile. Craxi fece nell'occasione un discorso di circostanza ma già sapeva benissimo che il male del Psi era la politica e che a nulla sarebbe valso migliorare l'organizzazione. Come può vivere un partito che china il capo e quasi condivide le critiche che il Pci scarica addosso alla sua azione politica, avendo per di più un'opposizione interna - i lombardiani - che sostiene l'alternativa con il Pci pur sapendo che i comunisti, che considerano il Psi una specie di residuato bellico, non ne vogliono sapere? Il Pci vuole andare al governo ma vuole andarci con la Dc, essendoci affinità culturali e politiche forti con il pauperismo dossettiano e con una certa «passione per il potere», in linea con le convinzioni di Togliatti secondo il quale il potere, in Italia, non è a Roma ma alle Botteghe Oscure e in Vaticano.
È questa l'unica coscienza storica dei comunisti, andarono al potere con la Dc dopo la guerra, vi tornarono con il compromesso storico e poi con l'Ulivo e l'Unione. Bettino segretario comincia subito a fare politica; e comincia proprio stringendo il Pci sull'alternativa che i comunisti devono alfine rifiutare senza più giri di parole. Con le mani libere, Bettino, che sa che il male del Psi è nei suoi malintesi rapporti col Pci, sposta l'offensiva sul terreno in cui i comunisti si ritenevano invincibili: la cultura politica.
Il convegno di Mondo Operaio sullo stalinismo, la Biennale del Dissenso, il saggio su Proudhon sono tutte le tappe ben note di un processo condito, in sede politica, dalla proposta di trattativa per salvare la vita di Aldo Moro e dal «sì» ai missili statunitensi che affonda il disperato tentativo di Breznev di seminare il terrore in Europa puntando i suoi SS20 contro le maggiori città europee.
Non spenderò troppe parole per avvenimenti che sono ben presenti anche a chi non si interessa a fondo di politica: il fallimento del compromesso storico, il ritiro di Berlinguer sotto la tenda, il rifugio nella questione morale per mascherare l'isolamento in cui aveva condotto il suo partito.
Più interessante è seguire l'evoluzione di Bettino che, mentre inaugura con la Dc la strategia dell'alleanza competitiva, provvede a rinnovare dalle fondamenta il socialismo riformista, modernizzandolo. Della vecchia guardia riformista di Turati, Treves, Modigliani, Craxi conserva lo sconfinato amore per la libertà, la fede nella politica e nella democrazia, il gradualismo dell'azione sociale. Ma sfata tutti i miti su cui ha prosperato il comunismo. Non più la supremazia del Partito-Stato, della massa, ma la superiorità dell'individuo, il vero soggetto del progresso economico e civile. Non più politiche di redistribuzione a pioggia che alla lunga rendono tutti più poveri ma politiche di sviluppo mirate per avere le risorse necessarie per le esigenze di equità sociale. Non più eguaglianza, innaturale e impossibile, ma premio ai meriti e sostegno attivo ai bisogni. Una vera rivoluzione che ha fatto del Psi il protagonista degli anni Ottanta e ha dato al socialismo un orgoglio che non aveva mai conosciuto in tutta la sua storia.
Era questo modello, nuovo e vincente, che Craxi ha ripetutamente offerto al Pci, anch'egli illudendosi che i comunisti potessero tramutarsi in quei socialisti riformisti, liberali e democratici che essi avevano vituperato fin dal primo giorno della loro nascita. Più degli argomenti di Craxi, i comunisti senza più comunismo preferirono ascoltare le sirene della sinistra democristiana, del grande capitale e dei suoi giornali; e al momento opportuno scaricarono tutta la loro repressa capacità di violenza erigendosi a motore politico di Tangentopoli.
In un libro autobiografico D'Alema confessa il progetto di distruggere il Psi e Craxi che occupano «la posizione giusta». Sono riusciti a distruggere il Psi e il suo segretario ma non a subentrarne nel ruolo. I socialisti di Craxi erano i protagonisti della scena politica, loro, da Tangentopoli in poi, non riescono ad essere che comprimari ridotti al minimo storico, nascosti dietro la faccia del cattolico di turno, della Confindustria, della Cgil. Un vero accattonaggio politico. Non sanno (non vogliono?) rendersi conto che per prendere il posto di Craxi, che è andato al governo senza nascondersi dietro la maschera di nessuno, devono fare i conti con Craxi. Non ne sono capaci, stiano al Governo o all'opposizione. Non possono, dovrebbero scrollarsi di dosso se stessi.

Un esercizio impossibile.

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