Roma

Giro: «E ora ricominciamo a fare politica»

Daniele Petraroli

Riappropriarsi di una solida base militante a partire dai giovani, ridisegnare la struttura organizzativa del partito e far diventare il Lazio un modello per tutte le altre regioni. Francesco Giro, deputato di Forza Italia e da tre giorni nuovo coordinatore regionale e commissario cittadino, ha le idee chiare sul da farsi. E ieri ha iniziato stilando un decalogo cui deve attenersi il buon dirigente “azzurro”. L’inizio dell’intervista, però, non può non essere sulle grandi difficoltà che il partito più forte della Cdl incontra proprio nella Capitale. E Giro, con fin troppa onestà, non risparmia critiche alla gestione di Forza Italia.
Onorevole, come si spiega il crollo del suo partito dal 19,36 per cento delle politiche al 10 delle comunali? Voti espressi a Roma ad appena un mese di distanza. Sembrano due città diverse.
«Bisogna precisare che Forza Italia soffre di una fragilità endemica alle amministrative dovuta alla forte leadership nazionale. Però bisogna ammettere che si tratta di un risultato più che negativo, direi disastroso. Dovuto a fragilità organizzativa e a carenza politica».
Si spieghi meglio.
«L’ambizione personale di alcuni nostri ex consiglieri (nella scorsa consiliatura Fi ha perso 5 rappresentanti nell’aula Giulio Cesare su 10 Ndr) ha prevalso sul progetto politico disorientando completamente gli elettori».
Comunque continuate a perdere pezzi. Il vostro capogruppo in Regione Raffaele D’Ambrosio è passato al Movimento per l’autonomia.
«Mi sembra una decisione incomprensibile. Dieci giorni fa diceva di voler partecipare alla nuova fase di Forza Italia e adesso ha cambiato casacca. Mi auguro che non sia, come per tanti altri addii a cui abbiamo assistito, un modo per temporeggiare e poi scivolare dall’altra parte. Comunque, essendo ancora nella Cdl, manteniamo un confronto e un rapporto».
Veniamo al suo nuovo ruolo. Come pensa di portare Fi fuori da questo impasse?
«In settimana ci attiveremo per affrontare i due problemi principali. Primo, bisogna potenziare il profilo politico presentando dieci proposte concrete sui problemi che interessano i cittadini dai trasporti all'urbanistica. Poi va ricostruita la casa di Forza Italia».
Con la commissione di saggi che ha già annunciato?
«Mi affiancherà e sarà un ottimo strumento. Dovrà avere autonomia, visibilità e capacità decisionale. Abbiamo sperimentato una struttura simile per le politiche e i risultati sono stati ottimi. Potrebbe diventare un modello anche per le altre regioni».
Chi ne farà parte?
«Cinque o sei persone legate al territorio. Sicuramente Antonio Tajani e il senatore Cosimo Ventucci».
Altre iniziative?
«Dare più voce ai giovani, per esempio istituendo una scuola di formazione politica, Quadritalia il nome, e coinvolgendo nei congressi che si svolgeranno in primavera non solo gli iscritti ma anche gli elettori. Congressi con primarie sul modello di quelli americani insomma. Magari anche “a tesi”. Fi non sarà più un partito monocratico ma avrà un forte confronto interno».
Come si batte un sindaco che ha ottenuto consensi importanti come Veltroni?
«È un sindaco astratto, virtuale, che ama più apparire che lavorare per Roma. Contro di lui bisogna mettersi a fare politica con la “p” maiuscola. Finora ha avuto un’opposizione troppo distratta. A Ferragosto mi trovavo in via Oslavia dove da ben sei anni i cittadini vivono l’inferno di un cantiere per costruire un Pup.

Questo è il simbolo del veltronismo. Ma la domanda che il centrodestra deve porsi è: noi in questi 6 anni dove eravamo?»

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