Il giudice: nessun obbligo di sms promemoria I sostenitori del Sì mandano inviti a tappeto

Il tribunale respinge il ricorso del Codacons. La soddisfazione del ministero dell’Interno

Marianna Bartoccelli

da Roma

Non ci sarà nessun sms inviato dal governo per ricordare agli italiani che oggi e domani si vota per il referendum sulla fecondazione assistita. Lo ha deciso il tribunale di Roma rigettando il ricorso presentato dal Codacons, l’associazione dei consumatori, che chiedeva che dal Viminale partisse una raffica di messaggini promemoria agli elettori, così come era successo per le elezioni europee. Ma il giudice Eugenio Curatola ha ritenuto che «si tratta di misura invasiva della privacy e onerosa e che dovevano i ricorrenti dimostrare che le altre forme di pubblicità adottate con tv e giornali fossero insufficienti». Secondo quanto afferma il presidente avvocato dell’associazione, Carlo Rienzi la decisione verrà impugnata, anche se ormai «non si può più sperare in un intervento utile ad urne aperte tra poche ore. «Questa è una decisione salomonica che considera gli elettori cavie» conclude Rienzi. Per il giudice Curatola invece l’adozione di questo strumento pubblicitario di natura eccezionale «non è prescritta da alcuna norma ed è una scelta discrezionale, particolarmente onerosa, prettamente politico-amministrativa, non valutabile dall’autorità giudiziaria ordinaria». E inoltre secondo il magistrato l’utilizzo di questo strumento nella precedente scadenza elettorale «non può costituire un precedente vincolante per la stessa amministrazione ne è indice di una condotta amministrativa da tenere in via generale». Insomma secondo Curatola «non può essere ravvisata a carico del ministero alcuna condotta omissiva colpevole, giuridicamente rilevante e potenzialmente lesiva dei diritti o di valori inerenti alla persona garantiti dalla Costituzione».
Il primo a ritenersi soddisfatto da tale decisione è stato evidentemente il Viminale che si è sentito così garantito nei metodi usati per la pubblicizzazione del referendum. Con una nota il ministero ha sottolineato che il Tribunale «dà atto della correttezza con la quale sono state pubblicizzate le modalità di svolgimento del referendum del 12 giugno, nel pieno rispetto della normativa che regolamenta l'uso dei mezzi di informazione. Sono garantite tutte le condizioni per il sereno e ordinato svolgimento della consultazione elettorale».
«La decisione del Tribunale ci sembra un atto dovuto visto che il raggiungimento del quorum è un vincolo costituzionale e non un obbligo da imporre via sms» è stato il commento di Francesco Giro, responsabile di Fi dei rapporti con il mondo cattolico. Mentre Oliviero Diliberto dei Comunisti italiani si augura che la decisione del Tribunale «nasca da ragionamenti strettamente giuridici». «Sarebbe stato giusto che a prendere l’iniziativa degli sms fosse stato il ministero» ha commentato. Per il segretario dei Radicali Italiani, Daniele Capezzone, la decisione del Tribunale «è l’ennesimo atto di prepotenza contro i cittadini in questa campagna».
L’utilizzo promozionale fai-da-te degli sms fa trillare invece di continuo molti cellulari.

Semplici elettori e soprattutto sostenitori del Sì inviano con una sorta di catena di Sant’Antonio messaggini con rima che invitano soprattutto a non far mancare il quorum, come «al quorum si comanda: andare a votare domenica mattina entro le 11 per alzare l’affluenza subito e indurre i No a non astenersi», e ancora «per dispetto a Giovanardi non votare troppo tardi». Oppure: «Né Ruini né Follini: 4 Sí o addio bambini». Tutti sms che si concludono con un «fai girare».

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