Andrea Tornielli
«Laicità vuol dire che ciascuno è legittimato a esprimere la propria visione delle cose
». Quella detta dal cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, dovrebbe essere unovvietà e invece non lo è nel Paese dove in molti discutono non tanto dei contenuti espressi una settimana fa dal presidente della Cei Camillo Ruini in tema di coppie di fatto e unioni gay, ma piuttosto del suo diritto a esprimersi sullargomento. Tettamanzi, nellintervista a tutta pagina pubblicata ieri sul quotidiano cattolico Avvenire, non è entrato nel merito dei Pacs. Ha però ribadito il diritto, anzi, «il coraggio» di parlare della Chiesa.
«In forza della sua libertà - ha detto il porporato - la Chiesa sente la responsabilità di dire una parola su tutti i problemi che interessano luomo, appellandosi alla ragione che illumina tutti. Laicità - ha spiegato Tettamanzi - vuol dire che ciascuno è legittimato a esprimere la propria visione delle cose: in questo non vedo alcuna violenza, semmai la premessa per il dialogo. E se questa premessa viene posta in discussione, è lo stesso dialogo a venir meno». Il riferimento è ovviamente alle polemiche seguite alle parole del cardinale Ruini, che venerdì scorso a Siena è stato contestato da un gruppo di studenti dei Giovani Comunisti.
«La Chiesa viene considerata il regno dellinteriorità che nulla avrebbe a che fare con il vissuto quotidiano - ha detto Tettamanzi per spiegare il motivo delle reazioni allergiche alle parole di Ruini -. E se dice una parola su questo, si grida allo sconfinamento su terreni che non le competerebbero. Ma la Chiesa è fatta di uomini che credono e sono capaci di scelte, giudizi e comportamenti legati alla propria esperienza cristiana. Cè poi unaltra spiegazione: si considera la morale come prevalentemente proibizionista, la Chiesa sarebbe capace solo di dire no. Il senso vero della sua dottrina però è indicare un valore, incoraggiare un ideale, chiedere il coraggio di essere veri. In altre parole: lautentico pronunciamento della Chiesa è sempre affermativo, ed è un sì così bello ed esigente che non può essere sciupato da comportamenti che lo vanificano. Il no altro non è che un sì rafforzato, gridato. La formulazione dei comandamenti è negativa, ma in realtà è la più forte affermazione dei valori e della gioia di vivere».
Tettamanzi denuncia poi lesistenza di un «duplice livello di cultura»: «Quella di intellettuali e mass media e quella della gente, che attinge a una saggezza capace di arrivare in modo molto immediato allessenza delle cose grazie allesperienza quotidiana. Va ricordato ai cultori del primo livello di restare più agganciati al vissuto della gente, aiutandola a passare dalla semplice intuizione a una riflessione più matura e motivata».
Il cardinale nellintervista ad Avvenire parla anche della sua nuova lettera pastorale dedicata alla testimonianza dei cristiani nella vita di ogni giorno e tocca infine largomento dellintegrazione degli immigrati islamici invitando ad avere coraggio nel dar vita a «prove di dialogo» sincere e concrete.