Governo, Fitto lascia. Aria di rimpasto e novità

Il ministro alle dimissioni dopo la sconfitta in Puglia, ma i giochi restano aperti. Esce Zaia, Galan in corsa per un dicastero. Rumors: Cicchitto ministro e Lupi capo dei deputati. E si parla di federazione tra Pdl e Lega

Governo, Fitto lascia. Aria di rimpasto e novità

Roma - Per chi la sa lunga, «non è stato un fulmine a ciel sereno». Ma poco ci manca. Di certo, le dimissioni da ministro per gli Affari regionali, presentate da Raffaele Fitto, principale sponsor di Rocco Palese, sconfitto nella corsa a governatore in Puglia, rischiano di offuscare l’entusiasmo per la fresca conquista di altre sei pesanti regioni. Ma non solo. In caso di mancata marcia indietro (potrebbe avvenire solo su impulso diretto di Silvio Berlusconi, che per ora non si pronuncia), darebbe il la ad un’ulteriore rimescolamento nella squadra di governo, forse a maggio. Intanto, mentre qualcuno rilancia l’ipotesi di una futura federazione con il Carroccio, allo scopo di gestire al meglio i consensi ed evitare magari ripercussioni interne, su cui si aprirebbero però mugugni a non finire, il Pdl si spacca sul caso Fitto. Prevale la linea difensiva, ma non mancano i distinguo, in particolare - a sorpresa - tra gli ex azzurri. Sul primo versante si guarda al «gesto di un dirigente responsabile, che deve essere respinto», per dirla con Maurizio Gasparri. Un atto di «assoluta dignità politica, in un Paese in cui non si dimette nessuno», rintuzza Andrea Ronchi. Secondo Ignazio La Russa, invece, «andrebbero tenute distinte le questioni di partito da quelle del governo». E «la coerenza di Fitto, anche se i risultati hanno dato ragione a Berlusconi, va apprezzata».

Il nocciolo della questione va un po’ rispolverato: Fitto insiste a lungo sulla scelta interna, Palese, invece di Adriana Poli Bortone, ex An eletta al Senato con i voti del Pdl - punto su cui a Lecce ci si indigna ancora parecchio - che lascia per fondare il movimento «Io sud». Papabile candidata per il Cavaliere, rifiuta però di fare un passo indietro per una soluzione terza. La situazione s’imballa e si va allo scontro. Così, appoggiata dall’Udc, l’ex ministro strappa l’8,7% dei voti e consegna la Puglia, di fatto, alla sinistra e a Nichi Vendola.
«È tutta colpa di Fitto, è il minimo chi si sia dimesso», sbottano alla buvette un paio di colleghi deputati, lesti a ricordare il fastidio del leader Pdl espresso durante una cena: «Mi hanno imposto questa soluzione, ma io non volevo». La mette giù così Maria Teresa Armosino, deputata Pdl e presidente della Provincia di Asti: «Un gesto di grande dignità, che chiedo sia valutato con attenta ponderazione e accettato».

Il premier però prende tempo, anche se Aldo Brancher già pronostica: «Lo conosco da 33 anni e non l’ho mai visto accettare dimissioni». Ma a prescindere dal caso Fitto, l’ottica di un prossimo rimpasto di governo, mini o maxi che sia, rimane. È ancora toto-ministri, con mille variabili da considerare, anche perché non si muoverà foglia prima che il Cavaliere si confronti a dovere con Gianfranco Fini, pure sulla questione partito. Il nome di Giancarlo Galan è però ricorrente: agli Affari regionali, ai Beni culturali (Sandro Bondi si concentrerebbe sul ruolo di coordinatore Pdl, non per forza unico) o alle Attività produttive, nel caso in cui Claudio Scajola accetti di guidare il partito o di spostarsi alle Infrastrutture. Altero Matteoli andrebbe così all’Agricoltura, al posto del neo-governatore del Veneto, Luca Zaia, anche se la Lega - almeno per il momento - non intende mollare il dicastero.

Rumors, come quelli che vedrebbero Fabrizio Cicchitto lasciare la poltrona di capogruppo a Montecitorio (destinazione governo, forse al posto di Bondi), che passerebbe a Maurizio Lupi, attuale vicepresidente della Camera. In questo caso, si muoverebbe anche il suo vice, Italo Bocchino - da rimpiazzare con un altro finiano -, diretto a via dell’Umiltà (è la scommessa ricorrente).

Scenari da Transatlantico. E un’idea suggestiva: «Si sta ragionando su un progetto di federazione tra Pdl e Lega».

Un vecchio disegno che ritorna? Chi risponde assicura che «ci sono già le carte». Dossier da valutare forse con attenzione, però, alla luce dei recenti risultati elettorali. In ogni caso, «c’è tempo, c’è tempo, visto che non si vota più per tre anni».

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