Il governo del rigore fa sconti al lusso Iva dimezzata sugli immobili di pregio

Abrogata l’aliquota al 20% sulle grandi proprietà. Chi compra un casale da un milione di euro ne risparmierà 100mila

Gian Maria De Francesco

da Roma

La manovrina contenuta nel decreto Bersani non sarà una stangata per tutti i soggetti di imposta. Alcuni contribuenti, anzi, potranno giovarsene. In primo luogo, gli acquirenti di immobili di lusso che si apprestano a vedere ridotto del 50% il prelievo fiscale sulle transazioni.
Il passaggio al regime di esenzione Iva per i fabbricati e le porzioni di fabbricati abitativi con conseguente applicazione delle imposte proporzionali di registro, ipotecaria e catastale determina un grosso cambiamento. Il decreto Bersani-Visco, ieri convertito in legge, non contiene nessuna specifica prescrizione per gli immobili definiti «di lusso» ai sensi del decreto del ministero dei Lavori pubblici del 2 agosto 1969. Tale stato di cose fa sì che queste dimore, finora soggette a un’aliquota Iva del 20%, siano vendute dalle società immobiliari in regime di imposte proporzionali che ammontano complessivamente al 10% del prezzo di vendita. Per l’acquirente privato si tratta di un bello sconto. Ad esempio, sull’acquisto di un bel casale in Umbria da un milione di euro ci si troverebbe a pagare 100mila euro di imposte di registro anziché 200mila euro di Iva con un risparmio netto di 100mila euro.
Ma anche alle società che hanno per oggetto la compravendita di immobili e alle imprese di costruzione e di ristrutturazione la manovrina del governo Prodi ha riservato qualche piacevole sorpresa. Innanzitutto, l’articolo 35 del decreto ha esteso il regime di esenzione Iva per le cessioni di immobili a uso abitativo effettuate dalle imprese di compravendita. In secondo luogo, l’articolo 40-bis (che contiene le disposizioni transitorie) prescrive che «gli atti e i contratti posti in essere nello stesso giorno della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (4 luglio 2006; ndr) in applicazione e osservanza della normativa previgente non costituiscono in nessun caso ipotesi di violazione». La norma, tradotta dal burocratese, significa che per tutti i contratti stipulati fino al 4 luglio scorso non sono previste sanzioni per l’adozione del precedente regime fiscale. Quindi per le compravendite soggette a Iva effettuate da imprese costruttrici, imprese di ristrutturazione e società del ramo immobiliare e finanziario non sarà necessaria la rettifica della detrazione.
Il comma 9 dell’articolo 35 del decreto, infatti, stabilisce che per i fabbricati abitativi posseduti dalle imprese costruttrici alla data del 4 luglio 2006, per i fabbricati sui quali siano stato effettuati interventi di ristrutturazione alla data del 4 luglio 2002, per gli immobili strumentali sui quali sia stata esercitata l’opzione per l’imponibilità Iva nel primo atto stipulato dopo l’entrata in vigore della legge non sarà necessario rettificare la detrazione dell’imposta di valore aggiunto.
Anche in questo caso si può parlare di sconto sui «fondi di magazzino» delle immobiliari e delle imprese edili. È prassi dell’ambito tributario, nella maggior parte dei casi, che il passaggio da un regime di imponibilità a uno di esenzione (come quello del decreto Bersani) determini conseguentemente una modifica delle detrazioni. In questo caso niente di tutto ciò: le società immobiliari potranno detrarre l’Iva sulle abitazioni acquistate prima del 4 luglio rivendendole in regime di applicazione delle imposte proporzionali di registro, tributarie e catastali.

Si tratta di una goccia in un mare di stangate, ma è uno strano caso che due categorie come gli acquirenti di case di lusso e i gruppi immobiliari possano tirare un sospiro di sollievo grazie a Vincenzo Visco. Fino alla prossima imboscata.

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