La rivolta dei conservatori euroscettici minaccia la solidità del governo britannico. La notizia arriva proprio all’indomani delle feroci polemiche scatenate dai commenti di Silvio Berlusconi sull’euro. A quanto pare però la disaffezione per la comunità europea così com’è adesso e per la moneta unica non sono argomenti squisitamente italiani, ma critica diffusa un po’ in tutta Europa a causa della forte crisi economica che colpisce tutti i Paesi dell’Unione. A dimostrarlo sono proprio le nuove difficoltà del leader conservatore britannico che questa settimana si è visto costretto a difendere, suo malgrado, l’unità europea contro la proposta di un referendum per l’uscita dalla Comunità, presentata da un gruppo di parlamentari, in maggioranza del suo partito. La mozione non è passata, ma il voto contrario di 111 deputati ha segnato una grave frattura all’interno della maggioranza. Senza contare che a Cameron i panni del difensore europeista devono stare parecchio stretti visto che fu proprio lui a fondare nel 2006, nell’ambito del Parlamento Europeo, quel Movimento per la riforma europea precursore del Gruppo dei conservatori e dei riformisti europei nato nel 2009. Lui, che si è sempre schierato a favore del libero mercato e contro il federalismo europeo, ha dovuto mettere in campo tutta la sua abilità per evitare un rovinoso attacco all’Ue da parte dei suoi colleghi di partito. In questo momento infatti Cameron non può permettersi di farsi vedere euroscettico, le conseguenze sarebbero devastanti per lo sviluppo economico del suo Paese che dipende in gran parte dall’eurozona.
Gli analisti nazionali però mettono in guardia il premier sul rischio d’isolamento che la Gran Bretagna corre nel caso la Comunità si rafforzi magari sotto la direzione di un asse franco-tedesco. Se questo scenario dovesse concretizzarsi, in futuro gli Inglesi - che già non aderiscono all’euro - si troverebbero sempre più tagliati fuori dalle decisioni importanti. Di riflesso, a livello nazionale l’autonomia della City verrebbe sicuramente ridimensionata. Proprio ieri alcuni editorialisti chiedevano quindi a Cameron una posizione più precisa nei confronti dell’Europa soprattutto per quanto riguarda una rinegoziazione della posizione del governo di Londra in vista della riforma dei trattati. In gioco soprattutto la questione del ritorno sotto la sovranità nazionale di poteri attualmente delegati a Bruxelles. «Adesso è tempo di dire la nostra sull’Europa» titolava ieri il Sunday Telegraph ricordando il recente accordo di 17 membri dell’eurozona in materia di politica fiscale e monetaria, appoggiato dallo stesso Cameron e dal cancelliere dello scacchiere George Osborne. «I dubbi su quello che accadrà in una Comunità divisa tra membri che aderiscono all’euro e gli altri che non lo fanno sono molto forti» spiegava il quotidiano ricordando che, in seguito a questo accordo, proprio Cameron abbia chiesto a Bruxelles di restituire alla Gran Bretagna alcune sovranità nazionali ora delegate al Parlamento europeo. Di fatto il governo britannico sta già lavorando a una proposta che richiede la sovranità nazionale sulle politiche sociali e dell’occupazione. Un passo che il Telegraph giudica positivo, perché la discussione sull’Europa non può più essere solo «una questione da affrontare a porte chiuse tra le autorità di Bruxelles e i ministri. Serve un dibattito politico di larga scala e a fronte dei grandi cambiamenti nelle nostre relazioni con l’Europa il popolo si aspetta di poter dire la propria sull’argomento».
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