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Grande guerra, il primo colpo fu dei finanzieri

Egr. Sig. Granzotto, leggo come sempre il suo articolo della penultima pagina. In merito all’incipit della prima guerra mondiale, non so dirle della prima cannonata, ma ricordo di aver visto in un museo un fucile mod. 1891, appartenuto a un finanziere. La targhetta parlava chiaro: era il fucile che aveva sparato il primo colpo della Grande Guerra. Gli imperiali, capita l’aria che tirava, stavano minando le strade e i ponti sul confine in vista dell’imminente entrata in guerra dell’Italia. A pochi passi dalle dogane regie. Fu così che si presero a fucilate ed era la tarda sera del 23 maggio 1915. Quindi prima dell’ufficiale apertura delle ostilità. Non so dirle se sia un fatto vero o una fioritura della propaganda. Lei ne sa di più?
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Lei ha buona memoria, caro Raucci. In effetti il primo colpo fu sparato nella notte fra il 23 e il 24 maggio. Questo non significa che entrammo in azione prima dell’apertura delle ostilità. La dichiarazione di guerra recitava infatti: «Secondo le istruzioni ricevute da Sua Maestà il Re suo augusto sovrano, il sottoscritto \ ha l’onore di partecipare a Sua Eccellenza il ministro degli Esteri d’Austria-Ungheria la seguente dichiarazione: Sua Maestà il Re dichiara che l’Italia si considera in stato di guerra con l’Austria-Ungheria da domani». E il domani era domenica 23 maggio. Resta però qualche dubbio su chi effettivamente esplose il primo colpo di fucile. Qualcuno vuole siano stati, intorno alle 22 e 40, il finanziere Pietro Dall’Acqua che col collega Costantino Carta era di guardia al ponte confinario di Brazzano (Cormons), allo scopo di fermare o allontanare una pattuglia nemica che intendeva far saltare il ponticello. Altri - e sono i più - ritengono siano stati invece altri due finanzieri, per impedire che un plotone di guastatori austriaci minasse il ponte di legno della dogana di Visinale, dove l’indomani avrebbero dovuto transitare i fanti della Brigata Re. E lì, a Visinale, ci dovrebbe essere ancora una vecchia lapide che ricorda, con i dovuti toni magniloquenti, l’accaduto: «Il primo colpo di fucile - della grande guerra - fu esploso da questo luogo - la notte del XXIII maggio MCMXV - Il nemico mosso alla ruina del ponte - scorsero colpirono fugarono - due guardie di finanza - vedette insonni del confine - le più avanzate e le più sole - sempre - perché questo è il comando - il giuramento - il premio». Bellissimo.
Poiché si trattò di un’azione difensiva e circoscritta, la tradizione assegnò però il primato a un colpo della artiglieria (molto più rumorosa e efficace) dei bersaglieri che alle prime luci dell’alba del 24 maggio andarono, con successo, alla conquista di Cervignano del Friuli. Ma proprio per questo motivo, l’assalto, si preferì in seguito omettere dal conto della patrie glorie quell’episodio. Fu quando ritenemmo conveniente far passare la (falsa) versione dell’entrata in guerra non in veste di aggressori, ma perché aggrediti dai «todesc» (non a caso i versi della popolarissima Leggenda del Piave di A. E.

Mario cantano: «per far contro il nemico una barriera», «il Piave mormorò: non passa lo straniero»). Quando si tratta di guerre, a giocare con le parole noi siamo dei maghi. L’ultima, ad esempio, la seconda delle guerre mondiali. Mica l’abbiamo persa, mica siamo stati sconfitti. Siamo stati «liberati».

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