Un accordo per dare respiro alla Grecia, per tranquilizzare i mercati, per mostrare che dopo tante lacerazioni l’Europa ha ritrovato spirito di coesione. C’è molto in gioco nella riunione dell’Eurogruppo che si è aperta ieri sera a Lussemburgo e che si concluderà oggi, quando le discussioni saranno estese a tutti i 27 ministri dell’Ue. Con quale risultato, è impossibile dirlo basandosi sulle scarne o nulle dichiarazioni (Giulio Tremonti non ha aperto bocca) rilasciate dai protagonisti prima dell’inizio del vertice.
L’attesa si concentra sullo sblocco della quinta tranche di aiuti, un assegno da 12 miliardi di euro (8,7 miliardi da parte della Ue e 3,3 dalla cassaforte del Fmi), del pacchetto approvato lo scorso anno da complessivi 110 miliardi. Il via libera era dato per scontato, anche in considerazione dello sforzo di risanamento «colossale» fatto dal Paese ellenico, ha detto il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, con una riduzione del deficit dai 5 ai 7 punti del Pil. Ma ieri il ministro delle Finanze belga, Didier Reynders, ha sparigliato le carte: entro l’inizio di luglio potrebbero essere messi a disposizione solo sei miliardi, cioè quanto serve ad Atene per sopperire alle proprie esigenze di rifinanziamento, mentre l’altra metà sarebbe versata più avanti. Un percorso contraddetto però dalla posizione della collega spagnola, Elena Salgado: «Ciò che speriamo di raggiungere oggi (ieri, ndr) è di erogare la prossima tranche».
Questa divisione su un tema che sembrava una pura formalità, certo non è di buon auspicio per sciogliere il vero nodo, ovvero come implementare il secondo salvataggio da 60-100 miliardi necessario a strappare la Grecia dal default ed evitare un effetto contagio all’intera euro zona. «Se cade la Grecia, cade l’intero sistema. Neppure la Germania sarà al riparo», ha ammonito Reynders. Parigi e Berlino hanno proposto una partecipazione su base volontaria dei creditori privati, suggerendo alla troika composta da Ue, Fmi e Bce di mettere a punto un piano entro agosto. L’obiettivo è quello di trovare un’intesa condivisa nell’incontro dell’Eurogruppo dell’11 luglio, sempre che nel frattempo George Papandreou, che ieri ha chiesto un «accordo nazionale» tra tutti i partiti e oggi volerà a Bruxelles per un incontro col presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy, sia riuscito grazie al nuovo governo a far approvare riforme e programma di austerity. Il traguardo è ambizioso, ma diventerebbe una missione impossibile se oggi da Lussemburgo partirà il «rompete le righe» senza che siano state almeno in parte appianate le contrapposizioni tra i Paesi membri (la Spagna, ha spiegato Salgado, «è più vicina alla posizione della Bce», contraria al coinvolgimento dei privati) sull’adesione al bail out di banche, assicurazioni e fondi.
Trovare la quadratura del cerchio non è facile. Se si applicherà il “modello Vienna“, in riferimento all’iniziativa presa nel 2008-2009 per alcuni Paesi dell’Europa dell’Est, i detentori privati dei titoli di Stato greci saranno invitati semplicemente a rinnovare le proprie obbligazioni. La domanda a cui i ministri devono rispondere, tuttavia, riguarda i rendimenti che sarebbero applicati ai nuovi bond greci “ripresi“ dai vecchi creditori privati.
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