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Grecia paralizzata dallo sciopero Assalto al tribunale di Atene

Devastazioni e furti sono continuati anche ieri in Grecia, giorno dello sciopero generale indetto dai sindacati. I soliti gruppetti di incappucciati hanno lanciato molotov davanti al tribunale di Atene dove hanno testimoniato, in mattinata, i due poliziotti responsabili della morte di Alexandros Grigoropulos, il 15enne freddato da una pistola nel quartiere di Exarchia: la miccia che ha scatenato l’ondata di violenza. Il loro difensore, Alexis Koughias, ha sostenuto la tesi del «tragico incidente», dovuto al tentativo di uno dei due agenti, arrestato per omicidio volontario, di sparare in aria: il proiettile sarebbe rimbalzato e avrebbe poi colpito Grigoropulos. Una versione non confermata dalla perizia balistica, tanto che in serata il poliziotto che ha sparato è stato incriminato per omicidio volontario e spedito in carcere con l’altro agente, considerato complice.
Intanto, nelle strade intorno al Politecnico di Atene e nei viali intorno al Parlamento, dopo la fine della manifestazione sindacale, nel pomeriggio la guerriglia è ripresa con lanci di molotov e pietre ai poliziotti che hanno risposto a colpi di lacrimogeni. Lo stesso nel centro di Salonicco. I nervi stanno cedendo: la fotografia di un agente con la pistola puntata verso dei manifestanti che in quel momento non lo stavano attaccando ha fatto il giro del mondo. Il premier Karamanalis, prima del grande corteo di ieri, aveva ventilato di proibire ogni manifestazione. Ma le sue parole sono cadute nel vuoto.
E adesso dove va la Grecia? Forse la risposta a questa domanda, che si legge negli occhi e nei pensieri di chiunque guardi le vie di Atene e Salonicco simili a città bombardate, sta nel titolo del più autorevole quotidiano conservatore, Kathimerini : «Governo cercasi». Il giornale ieri ha descritto i ministri del governo di centro destra al potere dal 2004, e lo stesso premier, come una compagnia di fantasmi. «Tutti esprimono ira e sdegno, ma nessuno fa niente. I cittadini sono stati abbandonati a sé stessi. Lo Stato è assente - prende posizione Kathimerini - siamo alla fine di un’era. Ma finché il popolo non indicherà la strada che vuole imboccare, almeno i ministri potrebbero mostrare un minimo di unità, coraggio e determinazione. Requisiti minimi che mancano del tutto».
Neppure l’opposizione, a dire il vero, sembra ben messa a rimpiazzare questo vuoto: i socialisti del Pasok, se si votasse ora, prenderebbero cinque voti su cento in più di Nuova democrazia, la quale già traballava in Parlamento prima di questa crisi con una maggioranza risicatissima, 154 deputati su 300 di cui 4 “ribelli”. Accumulando, solo nell’ultimo anno, una quantità di scandali impressionante: l’anno scorso la gestione Karamanlis aveva fatto ben poco per evitare che la terra degli dei e i suoi boschi fosse divorata dagli incendi. Poi c’è stato uno stretto collaboratore del premier Karamanlis, Zacharopulos, che ha tentato il suicidio, ed è tuttora in fin di vita per uno scandalo sexy finanziario. Infine la cessione indebita di migliaia di ettari di suolo pubblico (fra cui persino un intero lago, quello di Vistonitida) al monastero di Vatopedi, scandalo su cui Karamanlis doveva rendere conto al Parlamento proprio questa settimana.
Ma davanti a questo scenario da fine impero, l’opposizione non si presenta compatta.

All’interno del Pasok, si fronteggiano diverse correnti, e pure il resto della sinistra è litigiosa: i veterocomunisti del Kke accusano in questi giorni la coalizione della sinistra radicale «Syriza» di «coccolare» i vandali con il passamontagna nero che hanno messo a ferro e fuoco l’Ellade.

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