La guerra santa si arma su Internet

L’operazione Hammam che - applicando per la prima volta in Italia l’articolo 270/5 del Codice Penale per il contrasto al terrorismo internazionale, introdotto nel 2005 - ha sgominato la cellula jihadista di Perugia, ha un doppio merito: primo, quello di avere scongiurato un possibile attentato in Italia con metodi probabilmente mutuati dalle cellule inglesi e spagnole, con cui l'imam della moschea di Ponte Felcino risultava in contatto; secondo, ma forse ancora più importante, di avere finalmente acceso i riflettori su una realtà che le solite anime belle si ostinavano a nascondere sotto il tappeto. Una realtà che, invece, è bene che i cittadini conoscano, sia perché sappiano come regolarsi nei confronti di un certo mondo islamico, sia perché imparino a stare all’erta, collaborando con gli investigatori in quell'opera di prevenzione che da sola può impedire ai terroristi di portare a compimento le loro trame.
I fatti che l’operazione di ieri ha messo in luce sono i seguenti:
a) Le moschee italiane, in buona parte dominate dagli estremisti dell'Ucoii, sono spesso il centro delle attività eversive collegate o almeno ispirate da Al Qaida. Il caso di Perugia è, se non andiamo errati, il sesto in cui un imam viene arrestato per «proselitismo e addestramento con finalità di terrorismo» e in cui un luogo di culto musulmano viene utilizzato per indottrinare, arruolare e addestrare (in questo caso addirittura alla guida di aerei di linea, come se si preparasse un altro 11 settembre) aspiranti stragisti. Questo non significa, ovviamente, che tutte le 650 moschee sorte in Italia vengano utilizzate a questi fini, ma che gli allarmi lanciati più volte dagli esperti, come Magdi Allam e il nostro Massimo Introvigne, sulla penetrazione fondamentalista in Italia sono più che confermati. Per fortuna, su quasi un milione di musulmani residenti in Italia, solo circa cinquantamila frequentano le moschee, ma l’esperienza di altri Paesi europei ci insegna che questi costituiscono un pericolo potenziale.
b) Internet, che ha fornito alla cellula perugina i «messaggi, proclami, filmati e documenti» che poi venivano mostrati alle reclute, è diventata una delle armi più pericolose a disposizione di Al Qaida, soprattutto per tenere i contatti con le cellule semiautonome disseminate per l'Europa. Decine di siti jihadisti compaiono e scompaiono in continuazione, riportando i proclami dei capi del terrorismo, chiamando i fedeli alle armi contro «crociati e giudei», fornendo manuali avanzati per terroristi, che insegnano a fabbricare autobomba, usare le armi, preparare omicidi mirati. I fondamentalisti dispongono di veri e propri maghi di Internet, come il ventiduenne Irhabi007, arrestato a Londra nel 2005 e condannato la scorsa settimana a dieci anni di prigione, nel cui computer sono state trovate tracce di numerosi complotti in preparazione. I fondamentalisti dispongono di tre importanti «case di produzione», Al Sahab, Al Furqan e Al Fajr, che sfornano in continuazione materiale per alimentare la guerra santa. In almeno tre casi recenti, i complotti per attaccare Fort Dix negli Usa, per fare saltare una parte dell'aeroporto di New York e per fare esplodere due autobombe nel centro di Londra, Internet ha avuto un ruolo cruciale. Il paradosso è che numerosi siti jihadisti si avvalgono di provider con sede negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, i quali non sempre si rendono conto del messaggio che convogliano, ma che in base alle nuove leggi antiterrorismo potrebbero essere addirittura chiusi. Per rimediare a questo stato di cose, l'organizzazione israeliana Memri ha fornito, nel corso di una audizione al Congresso americano, un elenco dei siti da neutralizzare, completo di un impressionante documentario sul materiale che trasmettono.
c) La recente affiliazione ad Al Qaida del Gruppo salafita per la predicazione e il combattimenti, diffuso nell'intera Africa nordoccidentale, ha messo in pericolo tutta l’Europa meridionale. Non a caso, gli arrestati di Perugia sono tutti marocchini, come marocchini erano gli autori degli attentati di Madrid e marocchini, tunisini e algerini sono quasi tutti gli altri indiziati per terrorismo in attesa di processo. In altre parole, i magrebini rappresentano per l'Italia una minaccia analoga a quella che gli immigrati pachistani (responsabili delle bombe della metropolitana di Londra) costituiscono per la Gran Bretagna. Questo comporta la necessità di controlli più severi anche sugli immigrati clandestini provenienti da questi Paesi, che quasi quotidianamente sbarcano a Lampedusa, in Sicilia e adesso anche in Sardegna.


Un plauso sincero va perciò alle forze responsabili della operazione Hammam; ma, contemporaneamente, dobbiamo invitare un governo dalla politica estera troppo ambigua verso le formazioni terroristiche islamiche ad aumentare la vigilanza: i tempi del colonnello Giovannone, che negoziava con l'Hezbollah la neutralità nei confronti del nostro contingente in Libano sono finiti: i terroristi di oggi non risparmiano quelli che sono loro meno ostili e colpiscono quelli che appaiono più vulnerabili.

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