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Ha ragione il Giornale: nasce il partito di Fini

Come anticipato da Feltri, il primo aprile partirà l’operazione "Generazione Italia" voluta dal presidente della Camera Ma i fedelissimi di Gianfranco non lo sapevano e ci hanno accusato di "stregoneria". Ora dicono: "Cavolo, era tutto vero"

Ha ragione il Giornale: nasce il partito di Fini

Roma - A Farefuturo non devono piacere i «cronisti del futuro». Strano paradosso, in fondo, per dei «futuristi» impenitenti che si richiamano alla stagione più ricca e promettente del protofascismo, che nell’azione violenta vedeva la «levatrice della storia».
Segno dei tempi, con tutta evidenza. La Fondazione finiana oggi parla come mangia e ama linguaggi per niente iperbolici, anzi piuttosto caserecci, tipo l’abusato «mettiamo il sale nella minestra del Pdl». Quando però accade che il concretissimo direttore del Giornale, nella minestra, aggiunga anche quel po’ di pepe che abbisogna, i nostri «farefuturisti» si risentono come ziette di Voghera. Misteri evoliani.

Nel fondo di ieri Vittorio Feltri aveva annunciato il «pesce d’aprile» che Fini sta cucinando nel suo studio di Montecitorio. Un brodetto da far trangugiare al Cavaliere: il contraltare ai «Promotori della libertà» della Brambilla, plotone d’avanguardia finiana che, poco alla volta, «conquisti le leve del comando nel Pdl», lo occupi, finisca per papparselo dall’interno come un innesto di geni energumeni nel corpaccione impacciato del partitone affidato a Bondi.

Ma di fronte allo scoop del direttore - che da cronista impenitente se lo cucina da solo - la Fondazione finiana incanutisce precocemente. Apprendendo la notizia, il direttore Filippo Rossi si spertica in lodi per Feltri («bravissimo, impeccabile, preciso, un giornalista che si vanta di essere un cronista»), ma l’ironia gli prende la mano: a furia di elogi, definisce Feltri «un po’ Mago Merlino e un po’ Maga Magò». Per lui «le notizie devono essere talmente nuove, sempre più nuove, che alla fine è quasi ovvio che il nostro giornalista abbia deciso di raccontarci quelle che devono ancora materializzarsi. Questione di fede. Questione di preveggenza».

Troppo gusto per l’esoterismo («per noi è ancora una cosa seria», confida Rossi). Difatti sarebbe bastato scrivere: «Questione di giornalismo». Ovvero: saper scovare una notizia. A ventiquattr’ore di distanza, l’«intuizione» di Feltri si rivela giusta e del moto carbonaro organizzato dai finiani si viene a sapere ogni particolare, nome compreso: «Generazione Italia». Ci pensa l’infaticabile organizzatore, Italo Bocchino, preoccupato che «nasca un caso sul nulla». La rete esiste già, spiega al Giornale, ci si lavora da un paio di mesi, c’è un convegno in programma a Perugia l’8-9 maggio prossimi, cui di sicuro non mancherà un invito o una telefonata per Berlusconi. Già, perché il drappello di arditi della «Generazione Italia» non è per niente «anti-berlusconiano», giura Bocchino. Bensì alla ricerca di quell’«armonia» che il compianto Pinuccio Tatarella versava a piene mani sul neonato Polo del ’94. Tanto, rivela il pretoriano di Fini (già segretario-ombra di Pinuccio) che il giornale on-line www.generazioneitalia.it sarà edito appunto dalla Fondazione Tatarella».

Bocchino nega che l’intento sia quello di controbilanciare i Promotori di Silvio: «Noi ci rivolgiamo all’interno del Pdl, per far partire quella discussione interna che ancora manca e far crescere l’intero partito attorno a un gruppo dirigente di trentenni e quarantenni, senza mettere in discussione nulla dell’assetto attuale». Anzi, dicono i finiani, se i «Promotori hanno qualcosa di delegittimante rispetto al Pdl attuale, rivolgendosi più all’esterno del partito, noi no: siamo l’esatto opposto».

Cambiando parole e virgole, quanto scritto da Feltri. E il povero Rossi? «Cavolo, la Maga Magò ha indovinato!», è costretto ad ammettere. «Un uccellino deve averlo informato... Però, detto senza polemica, è una scelta politica che cerca di aizzare il fuoco.

Perché ne parla a una decina di giorni dal voto?». Il direttore risponderà altrove, noi ci accontenteremmo di un banalissimo: è la stampa, bellezza!

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