I cardinali sotto i raggi X degli investigatori Usa

Un ex agente Fbi guida le indagini sui 124 prelati del conclave. Il motivo? Impedire insabbiamenti

Angelo Allegri

Per quasi trent'anni Philip Scala è stato agente speciale dell'Fbi. Alla divisione criminale di New York ha guidato le indagini sulle più potenti famiglie mafiose, sgominato la cosca dei Gambino, contribuito in maniera decisiva alla condanna di John Gotti. I suoi uomini sono riusciti a infiltrarsi in alcuni tra i più impenetrabili clan di origine italiana ma anche in quelli emergenti di provenienza russa. Brillanti operazioni che gli sono valse una quantità di onorificenze e riconoscimenti, ma che appartengono al passato. Perché da qualche mese l'ex poliziotto ha cambiato campo d'azione e oggi si trova ad aver a che fare con soggetti di tutt'altro tipo: i 124 cardinali che parteciperanno al prossimo conclave.

Superati i 60 anni, Scala ha deciso di mettersi in proprio, ha fondato una società di investigazioni privata, Pathfinder Consultants International, ed è stato incaricato da un gruppo di tradizionalisti cattolici di passare ai raggi X abitudini e comportamenti dei principi della Chiesa. Obiettivo: rendere «trasparente» il prossimo Conclave, facendo piazza pulita di scandali sessuali e finanziari, di tentativi più o meno consapevoli di insabbiamento. In un primo tempo l'incarico ricevuto si limitava a indagini sui cardinali americani, poi si è allargato a livello internazionale. «Dall'Italia abbiamo ricevuto molte segnalazioni interessanti. L'attività di ricerca ormai è avviata anche da voi», spiega Scala al Giornale, prima di chiudersi nel silenzio e invocare il segreto professionale.

Ad assoldare l'ex agente dell'Fbi è stata una fondazione cattolica appena nata, Better Church Governance Group. L'associazione, sede a Washington, sta completando l'assunzione del personale e la raccolta di fondi per sostenere quello che è stato definito come Red Hat Report, il rapporto «zucchetta rossa», dal nome del tradizionale copricapo dei cardinali. Sull'identità dei finanziatori la riservatezza è assoluta, ma la stampa americana ha fatto il nome di un ricco avvocato d'affari, Timothy (Tim) Busch; la sua non è una presenza neutra visto che è stato tra le prime persone a cui l'arcivescovo Carlo Maria Viganò, ex nunzio negli Usa, ha fatto leggere il documento con cui accusava Papa Francesco di avere coperto i presunti abusi dell'ex cardinale Theodore E. McCarrick.

Busch è uno dei sostenitori più accaniti di Viganò e il suo intervento basta per inserire il progetto Red Hat nella lotta senza quartiere tra il «partito» dei vescovi tradizionalisti e quello dei bergogliani fedeli a papa Francesco. «Non facciamo commenti né su monsignore Viganò né sui finanziatori», dice al Giornale Jacob Imam, responsabile operativo di Better Governance Group, che però di fronte a una domanda specifica ammette: «Un po' di soldi sono arrivati anche dall'Italia, anche se non posso dire né il numero né il nome dei donatori».

A confermare l'approccio anti-bergogliano della fondazione è stata la presentazione il 30 settembre scorso, una serata a inviti alla Catholic University di Washington. A prendere la parola in quell'occasione fu lo stesso Imam, insieme all'executive director, il numero uno dell'associazione, Philip Nielsen. I due commentarono alcune slide mostrate agli intervenuti. Diceva il testo di una di queste: «Se nel 2013 ci fosse stato il Red Hat Report, Francesco forse non sarebbe Papa». Nel corso della serata furono numerose anche le dichiarazioni contro l'altro grande nemico dell'associazione, il segretario di Stato Pietro Parolin, che un documento dell'associazione diffuso presso i potenziali finanziatori e reso noto dal National Catholic Reporter definiva «totalmente corrotto». In alcune dichiarazioni pubbliche i toni sono stati attenuati ma ancora oggi sul sito dell'associazione (www.betterchurchgovernance.org) una pagina consente di inviare segnalazioni anonime su sette cardinali americani e su un solo straniero: il cardinale Parolin, appunto.

«Al lavoro abbiamo già un team di sessanta ricercatori. Una ventina sono gli investigatori veri e propri», spiega Jacob Imam. «Ma vogliamo essere aperti anche all'esterno e per questo il nostro sito ha una struttura modello wikipedia. Le segnalazioni che vengono da fuori vengono controllate secondo le regole della più rigorosa ricerca accademica. Una volta verificate saranno inserite nel Rapporto che presenteremo». Il metodo di lavoro prevede che la vita di ogni cardinale venga presa in esame da una squadra di sei persone incaricate di esaminare gli aspetti pastorali e personali del suo operato. Le indagini si sono già estese alla Penisola: «In Italia abbiamo già una mezza dozzina tra giornalisti ed esperti. E, anche da voi, i numeri sono in crescita», dice Imam. La sua è una storia interessante: il nome completo è Jacob Fareed Imam; laureato a Oxford in filosofia e in teologia islamica, è cresciuto musulmano e si è convertito al cattolicesimo nel 2015.

Oggi Imam affianca il già citato Nielsen, esperto di teologia e arte sacra, direttore della ricerca al Centro per il cattolicesimo evangelico, un altro think-tank tradizionalista basato nel Sud Carolina, incarico che sta lasciando per dedicarsi a tempo pieno al progetto Red hat. «Vogliamo che la gerarchia sia tenuta a rispondere per eventuali abusi e casi di corruzione.

Contribuire a sviluppare e fare crescere l'onesta e la fedeltà nel governo della Chiesa», spiegano i due leader del progetto.

Il detective Scala e i suoi uomini, tutti cattolici, hanno già messo in pista i loro informatori.

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