I Ds non rinnovano l’assicurazione a Consorte

Correntone e liberal d’accordo: i patti con i «furbetti» sono un problema politico

I Ds non rinnovano l’assicurazione a Consorte

Laura Cesaretti

da Roma

La linea ufficiale della Quercia è affidata alle parole di Vannino Chiti, che inizia l’«operazione distinzione» tra il partito e Consorte e tra Consorte e la sua scalata a Bnl: buona la seconda, della quale i Ds hanno sempre difeso a spada tratta la legittimità, ma niente più mani sul fuoco per il primo.
«Una cosa è l'opa, che indipendentemente da chi la presenta deve avere una risposta in tempi certi, e siamo già a 6 mesi e non c'è ancora alcuna risposta, ed un'altra cosa sono i suoi singoli dirigenti», afferma il coordinatore della Quercia. Che torna così a strattonare (lo hanno già fatto Fassino, Bersani, D’Alema) le authority che devono ancora decidere le sorti dell’Opa: Bankitalia, naturalmente, ma anche - forse soprattutto - la Consob di Lamberto Cardia, considerato vicino ad ambienti prodiani. La presa di distanza da Consorte e dai suoi destini giudiziari è trasparente: «Se le leggi non sono rispettate non si transige: chi vuole essere intransigente ci trova accanto a lui», dice Chiti. Che precisa: «Tutto quel che succede non riguarda i Ds», ma sottolinea: «Le cooperative sono una forza economica importante per il Paese e hanno il diritto di perseguire una strategia di espansione nelle regole del mercato».
Alla correzione di rotta del Botteghino non sono estranee le pressioni che dall’interno dello stesso partito sono arrivate in queste ore. Il capo del Correntone, Fabio Mussi, ieri ha attaccato duramente: intanto, «non ci sono complotti in corso e la magistratura fa il suo dovere», premette accantonando i sospetti sulle manovre dei «poteri forti» avanzati da più di un dirigente ds. E poi certo «nessuno è colpevole fino a prova contraria, a cominciare da Consorte», ma «se è vero che dirigenti di Unipol si sono mossi in alleanza con i “furbetti del quartierino”, allora questo merita un giudizio politico. E merita un giudizio politico-morale il fatto che, come sembra, manager dell’Unipol accoppiassero allegramente impegni societari e affari personali». Mussi rimprovera al suo partito «il vasto traccheggiare di quest’estate» sulle necessarie dimissioni di Antonio Fazio («Io le chiedo da agosto», ha ricordato ieri Prodi). E chiede conto a Fassino e D’Alema di essersi esposti in difesa dei «raiders» e delle loro cordate: «Domande – riecheggiate nella calura estiva – del tipo: “Cos’ha che non va Chicco Gnutti?” (D’Alema, ndr), hanno trovato la loro risposta. Affermazioni del tipo: “Fare auto non è più o meno morale che vendere case” (Fassino, ndr), sfuggono al quesito sull’origine di strabilianti subitanei arricchimenti come quello di Ricucci». È giunto il momento, conclude Mussi, di «uno scatto di reni, se la politica vuole riconquistare la sua autonomia e la sua autorità, se la sinistra vuole essere fedele alla sua missione».

E anche dall’ala liberal del partito arriva un altolà: «L'emergere di conto correnti “particolari” presso la Lodi intestati a Consorte e Sacchetti costituiscono un problema», nota Enrico Morando. E «proprio perché l'Unipol e le Coop sono parte di un movimento che ha radici con la sinistra, è un problema serio che colpisce la credibilità».

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