da Parigi
Paralisi dei trasporti da un lato e scarsa partecipazione alle manifestazioni dallaltro: questo il bilancio della sfida lanciata ieri al governo dalle principali confederazioni sindacali, che hanno indetto uno sciopero contro la riforma delle pensioni. Una manifestazione, dicono i più maliziosi che parlano di voluta coincidenza, «oscurata» dallannuncio ufficiale dellEliseo del divorzio consensuale tra Sarkozy e la moglie Cecilia.
Lo sciopero è certamente riuscito. I cortei assai meno: secondo il ministero dell'Interno appena 150mila persone hanno complessivamente partecipato alla sessantina di dimostrazioni svoltesi nell'insieme della Francia. Le ferrovie e le aziende autonome del trasporto pubblico hanno vissuto una giornata da incubo, ma le conseguenze per la popolazione sono state relativamente limitate perché milioni e milioni di pendolari si erano preparati in tempo al tilt di treni, autobus e convogli della metropolitana. Se le cifre sulla partecipazione allo sciopero nel settore dei trasporti sono elevatissime (i sindacati rivendicano tassi d'adesione superiori al 90%), molto diversa è stata la situazione nella scuola e nei settori del pubblico impiego in cui la protesta era stata indetta per ragioni diverse dalla riforma pensionistica.
Il messaggio è evidente: le categorie privilegiate dallattuale sperequazione sociale francese (che consente ai dipendenti delle aziende del trasporto pubblico locale, a quelli delle ferrovie e a quelli di gas ed elettricità dandare in pensione in unetà compresa tra i 50 e i 55 anni) sono determinatissime a mantenere i loro vantaggi, mentre il resto del pubblico impiego è perlomeno esitante nella mobilitazione antigovernativa.
La quarta riforma pensionistica della recente storia francese è al centro di uno scontro sociale di cui è difficile prevedere gli sviluppi. La prima fu realizzata dal governo di centrodestra del primo ministro Edouard Balladur, rimasto al potere dal 1993 al 1995. Approfittando della debolezza dei sindacati francesi nel settore privato, quel governo stabilì senza troppi problemi che occorrono 40 anni di contributi per lasciare il lavoro col massimo della pensione. Nel 1995 il governo di centrodestra del primo ministro Alain Juppé varò unuguale riforma per il settore pubblico, ma dovette ritirarla dopo un'impressionante serie di scioperi. Nel 2003 è stato il governo (sempre dello stesso segno politico) del primo ministro Jean-Pierre Raffarin a realizzare la riforma delle pensioni per i pubblici dipendenti, con leccezione di alcune categorie, come appunto i ferrovieri e i dipendenti di elettricità, gas e metrò, appartenenti ai cosiddetti regimi pensionistici speciali.
Adesso un sondaggio dice che il 62% dei francesi è favorevole a questa riforma, anche perché il conto dei vantaggi per i ferrovieri e le altre categorie in questione viene pagato dall'insieme dei cittadini. Di qui la mossa giocata dalle confederazioni sindacali con lo sciopero di ieri: politicizzare il più possibile lo scontro, presentandolo come una prova di forza a tutto campo col presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy. A tale scopo sono state coinvolte anche categorie diverse da quelle dei regimi speciali, come appunto gli insegnanti, ma nel loro caso le percentuali d'astensione dal lavoro sono state basse. Il timore delle tre maggiori confederazioni - Cfdt, Force Ouvrière e la comunista Cgt - è lisolamento dei ferrovieri, che ieri si sono presentati come la locomotiva di quello che le tre confederazioni chiamano «il vasto movimento contro la politica sociale di Sarkozy e del primo ministro François Fillon».
Il discorso di Sarkozy è molto chiaro: «Io - ha più volte affermato il presidente - sono stato eletto la scorsa primavera sulla base di un programma che prevedeva quella stessa riforma pensionistica che ho ormai deciso di realizzare e sulla quale non intendo transigere».
Però adesso una parte dei sindacati ha deciso di continuare lo sciopero e la giornata di oggi potrebbe anchessa rivelarsi difficile.
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