da Roma
Metti una palla ovale tra Italia e Francia e lo scenario cambia. Nel rugby questa non potrà mai essere una finale mondiale (non per colpa loro), ma una volta tanto lo spirito con cui si andrà in campo oggi al Flaminio non sarà tanto diverso da quello di Berlino. Lo garantisce Mauro Bergamasco, uno dei tanti azzurri emigrati nel campionato francese, che chiede ai compagni di sfidare i galletti «con lo spirito di Gattuso e Materazzi. Due che starebbero bene anche in squadra con noi, magari il primo da tallonatore e il secondo in terza linea. Certo, questa non può essere la rivincita del mondiale di calcio, ma chi lo sa che non ci scappi il bis...». Italia-Francia apre il Sei Nazioni 2007 e soprattutto apre lanno che porterà ai mondiali di settembre, ospitati proprio dalla Francia e in cui lItalia per la prima volta tenterà la storica impresa di passare il primo turno, anche se dovrà fare i conti con scozzesi e All Blacks. Ecco perché il test di oggi a Roma va oltre il significato legato alla classifica del torneo europeo. Italia-Francia (che questanno assegna il trofeo Garibaldi), da sempre, è la sfida allimpossibile, è lombra più lunga che si stende sulla nostra storia rugbistica, è quel ruolino di 26 sconfitte contro una sola vittoria che ci accompagna da oltre 70 anni passando attraverso lumiliazione di Tolone del 67 (60-13 per i galletti che da allora per quasi trentanni ci sfidarono sempre con la nazionale B) e la resurrezione di Grenoble del 97 (40-32 per noi in finale di coppa Europa per lunica vittoria azzurra contro la Francia vera). Gli anni che finiscono con il 7 dunque sono destinati a segnare la storia di questa sfida interminabile e oggi più che mai tenteremo di firmare unaltra impresa, cercando la prima vittoria contro i Bleus nel mitico Sei Nazioni. E ci proviamo con convizione, affidandoci soprattutto agli 8 azzurri che giocano e studiano rugby nel loro campionato, oltre che fare calendari, e a un ct francese, Pierre Berbizier, che vuole continuare sulla strada dei Villepreux, dei Fourcade, dei Coste, gli uomini che hanno saputo dare una vera svolta al nostro piccolo mondo ovale.
Ma Italia-Francia sarà anche lo specchio di tutte le contraddizioni del nostro rugby, che per due mesi, grazie proprio al Sei Nazioni, si sentirà grande e potrà sedersi al tavolo dei potenti, anche se sul campo continua a portarsi appresso letichetta del parente povero, perché i risultati non ci aiutano certamente a schiodarci dalla nostra posizione di fanalino di coda. Il trionfale esordio del 2000 contro la Scozia ci aveva illuso di essere arrivati finalmente in paradiso, ma il nostro bilancio in sette anni di torneo è ancora terribilmente in rosso: 3 vittorie e un pareggio su 35 partite disputate con tre cucchiai di legno già appesi alle pareti della nostra federazione.
Contraddizioni che purtroppo non stanno solamente in campo, perché siamo costretti a portarci sulle spalle anche laltra faccia del nostro rugby, che è fatta di un campionato sempre più povero e anonimo, adesso privato logicamente anche dei migliori talenti (quasi tutti gli azzurri) che se ne vanno a giocare allestero, richiamati dalle logiche del professionismo che ha ormai trasformato la faccia di questo sport su scala mondiale, ma che dalle nostre parti si scontra ancora con le strutture di venti o trentanni fa, quando la «bislunga» era (ed è rimasta) una contesa di provincia. Prova ne sia la grave spaccatura che sta maturando nella lega e la disastrosa partecipazione dei nostri club alle coppe europee.
Le sconfitte con Australia ed Argentina nei test di novembre non hanno aiutato molto Berbizier nel suo lavoro, ma il Sei Nazioni potrebbe dare altre chance alla nostra nazionale. Anche perché il rugby italiano è inevitabilmente a un bivio: cambiare finalmente passo (ovvero cercare di vincere per la prima volta due partite) o restare ancora confinato al ruolo di ultimo arrivato.
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