«I giganti»: un’edizione che colpisce

La scena di Antonio Fiorentino per la nuova edizione dei Giganti della montagna è una sezione circolare che si apre verso il fondo come la caverna che, nell’immagine di Platone, spinge i prigionieri a confrontarsi con le ombre che loro vengono rinviate dalla parete di quel pozzo invalicabile. È lì che si radunano gli Scalognati agli ordini del vulcanico Cotrone di Vincenzo Pirrotta che li informa del prossimo arrivo della compagnia della contessa Ilse. Ovvero Magda Mercatali che somiglia in modo impressionante alla celebre immagine di Marta Abba. Mentre accanto a lei il consorte ambiguo dello sconsolato Gianpaolo Poddighe e il lunare Cromo di Giancarlo Condé si agitano come pedine spinte dall’incalzare degli eventi. Che la regia ispirata di Giuseppe Di Pasquale colloca nello spazio mitico dell’oltremondo dove persino i fantocci visitati dagli attori si animano in una danza espressionista di sapore strindberghiano. Ma la vera sorpresa dello spettacolo risiede nel finale. Dove, dopo l’assolo sconvolgente della Sgricia di Anna Malvica, le parole che Pirandello dal suo letto di morte dettò al figlio Stefano, mai udite prima d’ora nelle precedenti edizioni, finalmente ci introducono all’autentico epicedio del Mito con la scoperta della viltà del Conte.

Il quale, davanti al cadavere di Ilse, accetta l’indennizzo susseguente al massacro della moglie per correre verso nuove avventure.

I GIGANTI DELLA MONTAGNA - di Pirandello Teatro Stabile di Catania. Regia di Giuseppe Di Pasquale. A Catania fino al 12 maggio.

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