Uno pensa che siccome c’è la crisi, gli scrittori debbano essere in crisi, o almeno pensare alla crisi. Infatti basta farsi un giro nei social newtwork e è tutta una lagna da società civile, un cinguettio politico, un piagnisteo sociale. Perché viviamo tempi difficili? Mah,se è per questo c’è stato di peggio, e nemmeno la crisi del 1929 ha lasciato grandi romanzi, piuttosto tra gli anni Trenta e gli anni Quaranta Robert Musil scriveva L’uomo senza qualità e Jean Paul Sartre La nausea , tanto per citarne due. E non è che mentre vivevano Dickens e Balzac fossero tempi facili, anzi erano già Tempi difficili e Illusioni perdute .
E pensare che mentre c’era la Prima guerra mondiale Proust scriveva la Recherche rinchiuso in una stanza rivestita di sughero, e Céline scriveva il suo Viaggio al termine della notte , e Joyce L’Ulisse .Senza contare qualche anno prima Kafka aveva scritto i suoi capolavori, Il processo ,Il castello ,America .
Per non parlare di tutti i grandi scrittori del Settecento e dell’Ottocento, da Sade e Swift, Laclos e Flaubert, James, Tolstoj e Dostoevskij, Twain e Melville, le cui situazioni storiche erano ben più drammatiche della nostra crisi. Eppure, siccome erano scrittori, scrivevano opere. Scrivevano capolavori come Le avventure di Huckleberry Fin e Moby Dick. Scrivevano Madame Bovary , Ritratto di Signora ,Anna Karenina ,Ifratelli Karamazov .
Non credo neppure che ai tempi di Dante l’Italia fosse messa meglio, tantomeno l’Inghilterra ai tempi di Shakespeare, o la Spagna ai tempi di Miguel de Cervantes, che quando ha scritto il Don Chisciotte aveva appena partecipato alla battaglia di Lepanto, era senza un soldo e aveva perso un braccio. Inrealtàlecrisisonosemplicemente l’alibi dei mediocri, e i mediocri sono sempre stati più dei geni e ci sono sempre stati. Tanto più uno scrittore si occupa del sociale, quanto meno resterà piantato nella Storia, è scientificamente provato. Basta andarsi a spulciare i romanzini parlamentari dei primi del Novecento.
Infatti Svevo o Pirandello sono rimasti perché hanno scritto opere sull’essere umano, mentre Slapater, Boine, Rebora, Jahier appartengono più alla memorialistica storiografica che alla letteratura, perché La coscienza di Zeno ci riguarda ancora, mentre de Il mio Carso oggi cosa Carso volete che ce ne freghi. Al limite alla bella Flavia Piccinni, per un twitterguest del Corriere della Sera , oal Corriere della Sera , per un articolo didattico di Paolo Mieli.
Volete fare il giochino di chi resta e chi non resta? Uno strumento utile sono le antologie dei critici, tipo quella di Andrea Cortellessa, basta leggerle al contrario, perché antologizzano solo gli amichetti e teorizzano che i capolavori non esistono più. Invece nell’ultimo ventennio sono uscite opere potentissime: perfino l’ultima edizione di Fratelli d’Italia di Alberto Arbasino (Adelphi) e l’ultimo importante romanzo di Aldo Busi, Casanova di se stessi , (Mondadori), e il monumentale Canti del caos di Antonio Moresco (Feltrinelli, Rizzoli, Mondadori), e la potente Trilogia di Desdemona Undicesima di Isabella Santacroce (Fazi, Rizzoli, Bompiani),e la mia stessa Trilogia dell’Inumano (Pequod, Bompiani, e L'inumano, Mondadori), e Cortellessa non si è accorto di niente. Si è accorto di Gilda Policastro e di Christian Raimo. Tantomeno se ne sono accorti La Porta, Berardinelli, Onofri, e compagnia bella bruttissima.
Tutto nella norma, per carità: L’educazione sentimentale fu inviato a centinaia di critici i quali non ammisero neppure ricevuta.
Quando sento dire che non c’è più nessuno al contrario il mio bilancio non mi sembra niente male, perché se pensate a chi ha lasciato un segno delle centinaia di autori dell’Ottocento, quando già Giacomo Leopardi si lagnava perché c’erano più scrittori che lettori, vi vengono in mente una manciata di nomi: Leopardi appunto, e poi Manzoni, Verga, Nievo e De Roberto (ciascuno con due sole ma clamorose opere, Confessioni di un italiano e I viceré ), metteteci pure Foscolo o Alfieri o chi volete, ma spalmati nell'arco di un secolo intero. E comunque non c’erano Cortellessa e La Porta,c’era De Sanctis, per esempio.
Il tempo, in prospettiva, inganna, e nel presente sembra tutto appiattito, il passato popolato di montagne, ma basta uno Shakespeareailluminaresecolidibuio. Eppure se pensate che tra la prima stesura del Fermo e Lucia e l’ultima dei Promessi Sposi passano vent’anni,e andate a vedere quanti autori inutili sono passati tra queste due stesure è da non crederci. Se foste vissuti ai tempi di Flaubert avreste scommesso sulla fama di Augier e Ponsard, il cui successo sembrava oscurare completamente L’educazione sentimentale o Bouvard e Pecuchét. «Credimi vecchio mio, lascia scorrere l’acqua» scriveva Flaubert a Maxime Du Camp il 26 giungo 1852. «Che le dispute letterarie rinascano o non rinascano, me ne fotto, e che Augier abbia successo, me ne strafotto, e che Vacquerie e Ponsard allarghino tanto le loro spalle e che prendano tutto il mio posto, me ne arcifotto e non andrò a disturbarli perché me lo rendano». Erano bei tempi? Non credo, era il 1854 ma sembra oggi: «Siete dei buffoni e ciarlatani, pose,pose!E ovunque ostentazione!La crinolina ha divorato il culo, il nostro è un secolodiputtane, eciòcheèmenoprostituitosono, finora, proprio le prostitute».
Tra due secoli la prima stesura di Fratelli d’Italia , del 1963,e l’ultima,del 1991,sembreranno vicinissime. Idem uscendo dall’Italia, per restare anche qui nell’ultimo vent'ennio, è pieno di scrittori di capolavori: Pynchon, DeLillo, Ellis, Vidal, Amis, Roth, il Foster Wallace di Infinite Jest che può stare tranquillamente vicino all’ Ulisse di Joyce, i meravigliosi romanzi di Hervé Guibert, Le benevole di Littell, perfino Houllebecq, e non pochi altri.
Un’altra cosa è certa: in nessun capolavoro le crisi storiche giocano un ruolo centrale, nella maggior parte dei casi neppure marginale. Poi molti critici ogni dieci anni sentenziano che il romanzo è morto, perché sanno di essere morti loro. Non in crisi, morti. Come gli scrittori che pensano alla crisi, alle fabbriche che chiudono, al precariato, alla gente di Prato, la loro vera preoccupazione è smaniare per uno Strega.
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