Nel 1965, durante la gita scolastica a Roma, fummo ricevute in udienza da Papa Paolo VI. Le udienze allepoca si svolgevano in una cappella lunga e stretta e noi eravamo situate in fondo, vicino alla porta dingresso. Per fortuna il Papa usava ancora la sedia gestatoria, per cui dallingresso riuscimmo almeno a vederlo e lui riuscì a vedere noi. Mi colpirono gli occhi che aveva grandi e azzurri.
Portato sul trono in fondo alla sala, cominciò a salutare i presenti alludienza. Alla fine del lungo elenco di nomi di varie associazioni udimmo con sorpresa queste parole: «Mi è parso di vedere in fondo, vicino alla porta, un gruppo di studentesse dellIstituto dellAssunzione».
Alluscita, di nuovo in sedia gestatoria, rivolto verso di noi, fece un cenno alle madri che ci accompagnavano, che erano Madre Lucia, Madre Paola Teresa e Madre Clara Lucilla, e diede ordine che venissero condotte fuori dalla sala e si trattenne con loro e con due studentesse per alcuni minuti. In mezzo alla folla aveva riconosciuto Madre Lucia e Madre Paola Teresa, e aveva voluto far loro questo magnifico dono.
Quando raggiungemmo Madre Lucia era illuminata da un sorriso gioioso e si lanciò giù di corsa per quello scalone seguita da tutte noi, fino a raggiungere piazza San Pietro dove laspettavano la mamma e due delle sorelle.
Madre Lucia e la montagna.
Nella tarda primavera del 1966, era lanno della nostra maturità e della chiusura dellAssunzione. Molte di noi frequentavano lAssunzione fin dallasilo, per cui oltre alla preoccupazione per gli esami vi era anche il dispiacere per la fine di quella che era stata la parte più consistente della nostra vita fino allora. Madre Lucia iniziò la sua lezione ditaliano ma, dopo alcuni minuti, tutte noi eravamo intorno alla cattedra: «Madre Lucia, cantiamo».
Succedeva di rado, ma ogni tanto improvvisavamo piccoli concerti di canti di montagna. Quel giorno accondiscese con gioia. Dopo alcuni canti, le comandammo: «Madre Lucia, qual è il canto di montagna che preferisce?».
Madre Lucia rispose: «Vi sono molti canti di montagna belli. Quello che preferisco, tuttavia, non si può definire un coro di montagna ma è un canto bellissimo che si intitola «Stelutis alpinis». È molto difficile da cantare ed anche da comprendere perché è in dialetto friulano. Affinché possiate capirlo, ve lo recito strofa per strofa in friulano, poi ve lo traduco e alla fine ve lo canto».
E Se tu vieni quassù tra le rocce,/ laddove mi hanno sepolto,/ cè uno spiazzo pieno di stelle alpine:/ dal mio sangue è stato bagnato./ Come segno una piccola croce/ è scolpita lì nella roccia:/ fra quelle stelle nasce lerbetta;/ sotto di loro io dormo sereno./ Cogli cogli una piccola stella:/ a ricordo del nostro amore,/ dalle un bacio,/ e poi nascondila in seno.
Dopo di che iniziò a cantare con la sua bella voce. Non so se sapesse già allora che ci avrebbe abbandonate presto, ma lultima strofa di «Stelutis» ci insegna che lei è sempre con noi.
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