I nemici di Craxi e la vendetta della Storia

In occasione dell'anniversario della morte di Bettino Craxi si spenderanno tante belle parole, alcune sincere, altre frutto di ipocrisia. Per parte nostra preferiamo affrontare alcune delle questioni più controverse.
Sulle posizioni assunte nel passato da Bettino Craxi vogliamo rilevare che anche esse non sfuggono a quella che ormai è un’autentica legge: con i comunisti e con i loro eredi quello che dieci anni prima veniva criminalizzato, successivamente viene assunto addirittura come loro scelta, presa magari con l’aria di essere loro i primi a scoprirla. Ciò vale a maggior ragione per alcune scelte di fondo di Bettino Craxi, quelle che provocarono le polemiche più furibonde a sinistra: la grande riforma, il riformismo, l’adesione all’Internazionale Socialista e lo stretto rapporto politico con alcuni partiti socialdemocratici, in primo luogo con la Spd di Schmidt che ispirò la battaglia sull’installazione dei missili. Adesso viviamo una fase totalmente schizofrenica: per un verso sembra che il riformismo e l’Internazionale socialista siano stati inventati e scoperti dai postcomunisti, per altro verso, però, essi mettono in soffitta i concreti provvedimenti riformisti nella politica di governo e non sono in condizione di definire l’affiliazione internazionale del futuro Partito democratico. Insomma un bel pasticcio derivante dal fatto che dopo il crollo del Muro di Berlino i comunisti italiani hanno cambiato nome sulla base di un adeguamento opportunistico, non sulla base di una revisione di fondo che consentisse il trapasso dal comunismo alla socialdemocrazia.
Anzi, negli ultimi anni, dopo il crollo del comunismo, Craxi pensava che si poteva arrivare all'unità delle sinistre (l’unità socialista) su basi riformiste. Fu il suo più tragico errore in seguito al quale accettò la richiesta di D’Alema e Veltroni di non fare elezioni anticipate nel 1991. Ai postcomunisti serviva guadagnare tempo in modo che il circo mediatico-giudiziario, cavalcando Mani Pulite, distruggesse in primo luogo il Psi (ma anche il centrodestra della Dc, il Psdi, il Pri, il Pli) in modo che il Pds potesse conquistare il potere senza pagare dazio. Dopo di che nessuno si può sorprendere se larga parte degli elettori del Psi oggi votano per Forza Italia. Indubbiamente ciò contribuisce a rendere debole la posizione riformista nel centrosinistra perché sono venuti meno la forza elettorale di larga parte del mondo socialista e uno stimolo politico-culturale assai importante: dopo tutto quello che è avvenuto negli anni ’92-94 risulta ridicolo lo slogan «il posto dei socialisti è a sinistra» per un bel pezzo di quadri politici, di uomini di cultura, di militanti socialisti. Detto questo, però, bisogna parlare anche di altre cose assai fastidiose per gli ipocriti. Noi abbiamo il massimo rispetto per la Tunisia, reso ancor più forte dal fatto che, diversamente che in Italia, quel Paese ha intitolato una via a Bettino Craxi: quella decisione dimostra un livello di civiltà politica di quel Paese assai elevato. Dato alla Tunisia il riconoscimento che si deve, è indubbio, però, che se Craxi fosse stato operato in Italia avrebbe avuto una chance in più, visto che nell’ultima fase della sua vita il San Raffaele era il centro di cura per lui più adatto e specializzato.
Orbene diciamo con franchezza che non aver trovato una soluzione al problema di evitare a Craxi l’arresto prima di essere operato in un Paese che è abituato ad aggiustare tutto, che non ha troppi scrupoli a violare l'accordo con gli americani sulla Baraldini (violazione che noi personalmente nemmeno contestiamo perché non amiamo vedere la gente in galera, specie quando comunque ci ha passato anni) o che, con una sceneggiata, risolse i problemi di Fiora Pirri Ardizzone, è l’indice non dell'assenza di «marchingegni» giuridici, ma della mancanza di volontà politica. Allora noi diciamo francamente che non perdoniamo a Ciampi, allora presidente della Repubblica, a D’Alema, allora Presidente del Consiglio, a Borrelli, allora Procuratore capo, di non aver trovato una soluzione che salvasse la vita di un uomo, di un uomo di stato. Borrelli fece di peggio: non consentì al cognato di Craxi, a Paolo Pillitteri, di recarsi ad Hammamet al suo funerale. In sostanza in tutta la vicenda della malattia e della morte di Bettino Craxi da parte di alcuni ci fu una incredibile viltà, da parte di altri ci fu la volontà di prevaricare fino in fondo, senza pietà, il nemico sconfitto e malato: a parte le prediche che ascoltiamo da parte di insigni personalità istituzionali, l’Italia, al fondo, rimane il Paese di piazzale Loreto e rimuove spesso questa pratica nei momenti di crisi. Infine ci auguriamo che nessuno, e specialmente gli eredi diessini del Pci, sollevi il problema che Craxi in Tunisia era un evaso. Chi ha avuto la tessera del Pci in tasca non può sollevare questo problema. Togliatti, Longo e Secchia organizzarono la fuga in Cecoslovacchia di fior di assassini che avevano ucciso migliaia di persone dopo il 25 aprile. Poi quando il Pci diede i suoi voti prima a Saragat e poi a Pertini per la loro elezione a presidente della Repubblica pose come condizione che alcuni dei rifugiati in Cecoslovacchia venissero graziati. Saragat graziò Francesco Moranino, che aveva assassinato alcuni partigiani, e il Pci lo elesse in Parlamento.

Di conseguenza chi si è comportato in questo modo nel passato, non può dare lezioni di alcun tipo nel presente. Detto tutto ciò, il fatto che Craxi faccia parte in modo eminente della storia di questo Paese è una constatazione, non una valutazione.
*Vicecoordinatore di Forza Italia

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