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I «Non allineati» si allineano a Fidel Castro

Un’occasione per Ahmadinejad e Chavez di omaggiare il leader cubano convalescente

Roberto Fabbri

È cominciato ieri all’Avana, Cuba, un vertice dei “Paesi non allineati” che più allineato non si può. Almeno nelle intenzioni dei suoi antiamericanissimi organizzatori. Quando nel 1955 a Bandung, in Indonesia, si riunirono i rappresentanti di 29 nazioni afroasiatiche dando vita al movimento dei non allineati la definizione aveva, in piena guerra fredda, un senso. Ma quella che si è aperta ieri nel fatiscente baluardo del comunismo caraibico somiglia più a un’altra conferenza internazionale che si tenne all’Avana, quella del 1966 intesa a mettere in piedi un’alleanza terzomondista antiamericana e antioccidentale con la benedizione di Che Guevara e di Fidel Castro.
Il “Che” lasciò questa Terra l’anno successivo e anche Fidel non sta molto bene: ormai ottuagenario, faticosamente sopravvissuto all’intervento chirurgico dello scorso 27 luglio per i cui postumi è ancora ospedalizzato, è comparso l’altro ieri per la prima volta in piedi in un video per ricevere il suo primo ammiratore, l’aspirante Líder Maximo del Venezuela Hugo Chavez. Nonostante la presente fragilità gli impedisca di partecipare ai lavori, Fidel Castro è stato eletto per acclamazione presidente del movimento per i prossimi tre anni. Il che già suscita dubbi sul famoso non allineamento.
A cancellarli ha provveduto Raul Castro, il fratello del leader cubano chiamato a rimpiazzarlo provvisoriamente non solo alla guida di Cuba, ma anche del movimento, forte di 116 Paesi membri, riunito all’Avana. «Ci aspettano battaglie eroiche - ha detto l’eterno numero due cubano arringando i delegati nel discorso di apertura - per affrontare l’unilateralismo, il doppio gioco e l’impunità dei potenti». Una chiara allusione agli Stati Uniti, «la superpotenza unica che ha nelle sue mani il mondo».
Evidente nel discorso di Raul Castro l’intenzione di attribuire al Noal (come il movimento dei 116 viene abitualmente abbreviato) un ruolo di contrapposizione agli Stati Uniti e ai loro alleati. Non sono infatti mancati richiami alla necessità di battersi per costruire «un sistema internazionale più giusto ed equo contro il neoliberismo e la spoliazione». Né la citazione di Paesi come Iran (il cui inquietante presidente Ahmadinejad è all’Avana), Siria, Venezuela, Bielorussia e Corea del Nord come futuri bersagli dell’imperialismo Usa.

Ma non è detto che il gioco riesca: fanno parte del Noal Paesi importanti come India, Pakistan, Filippine, Indonesia, che dopo l’11 settembre si sono molto avvicinati a Washington.

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