I «Paperoni» italiani sempre più ricchi con l'aiuto del private

Il settore prevede un business in crescita: «Masse in aumento, anche con il pil debole»

Non si arresta l'aumento delle ricchezze delle famiglie italiane servite dalle private bank. In base all'edizione 2018 dell'indagine di Magstat Consulting sul private banking in Italia gli asset finanziari totali detenuti dagli operatori specializzati sulle gestioni per patrimoni superiori ai 500mila euro sono cresciuti da 869,5 miliardi di euro di fine 2016 a 912,5 miliardi di fine 2017, con un incremento di 43 miliardi di euro, pari al 4,9 per cento. In cinque anni l'aumento è stato pari a 263,9 miliardi: da 648,6 miliardi di fine 2012 a 912,5 miliardi di fine 2017, mentre nel periodo 2008-2017 l'incremento è stato pari a 338,8 miliardi. Il numero di clienti di questo tipo di servizio si è attestato poco sopra il milione.

La quota di mercato del private banking è salita nell'ultimo triennio dal 25% al 27% del totale delle attività finanziarie delle famiglie. Le filiali/uffici private dichiarati dai player del mercato si sono attestate a quota 2.641 e i private banker che operano in questo comparto sono 16.767. In testa la Lombardia che, secondo le stime di Magstat, ne conta 499, seguita dall'Emilia Romagna con 197, il Veneto con 187 filiali private, Piemonte (181), Lazio (131), Toscana (117) e Liguria (109). Tra le province italiane Milano è in testa con 240 filiali, seguita da Roma (115) e Torino (97).

La previsione di crescita media annua del mercato private è del 2,5% tra il 2019 e 2021. L'avverarsi di questa previsione dipenderà, soprattutto, dal tasso di crescita del Pil nominale (ossia non solo dall'incremento del prodotto interno lordo, ma anche dall'andamento dell'inflazione). Inoltre, ha osservato Antonella Massari, segretario generale Aipb (Associazione italiana private banking), occorrerà «tenere in considerazione; la crescita attraverso nuova raccolta e quella dovuta alle performance di mercato». Anche in presenza di un andamento modesto del Pil, ha aggiunto Massari, «a causa di incertezza e volatilità, le famiglie ad alto patrimonio risparmieranno di più di quanto consumeranno, portando quindi allo sviluppo atteso delle attività gestite del private banking». Un'analisi fornita dall'Ufficio studi di Aipb, per quanto riguarda l'asset mix, indica che il 2018 è stato caratterizzato «da scelte di investimento fortemente condizionate da un contesto di crescente incertezza. «Basti dire che la liquidità, normalmente molto contenuta nei portafogli private, è cresciuta del 5% arrivando a pesare per il 14% dei portafogli, al pari della componente assicurativa, che ha incrementato ulteriormente il proprio peso raggiungendo il 20,8%», ha sottolineato il segretario generale dell'associazione. «Senza dubbio, è in atto un'importante riscoperta del valore della protezione», ha concluso. Ma sono molte le sfide che le private bank devono affrontare. La Mifid II, entrata in vigore nel gennaio dell'anno scorso, farà crescere la competitività tra i player e accelerare il processo di concentrazione. «Non è possibile per ora stimare gli effetti che la Mifid II avrà sui bilanci delle private bank e sulle politiche di reclutamento», ha evidenziato Marco Mazzoni, presidente di Magstat Consulting, aggiungendo che la nuova normativa «di positivo sicuramente porterà maggior trasparenza, incremento degli standard di qualità dell'offerta e una maggiore concorrenza» in quanto consentirà al cliente di effettuare le proprie valutazioni più consapevolmente.

Il private banking resta, comunque, uno dei settori più attrattivi nel panorama bancario. Secondo il Credit Suisse Global Wealth Databook 2017 l'Italia risulta essere al sesto posto nella classifica dei dieci Paesi che hanno visto crescere la propria ricchezza in modo più significativo con 1,288 milioni di Paperoni, 138mila in più rispetto all'anno precedente, il 4% dei milionari di tutto il mondo.

L'offerta private diventa fondamentale se si guarda anche al problema dei passaggi generazionali. Secondo stime di Bankitalia e Fondazione Cariplo, entro il 2030 si prevede che il 20% della ricchezza netta passerà di mano, da una generazione all'altra: 1.925 miliardi di ricchezza trasferita; il fenomeno riguarderà un quarto delle famiglie, circa 6 milioni di persone.

Per l'Italia il Paese più vecchio in Europa, secondo solo al Giappone nel mondo si tratterà di un passaggio importante: oltre il 25% delle aziende a conduzione familiare è oggi gestito da manager over 70 e il ricambio della struttura patrimoniale imporrà un adeguato servizio di consulenza da associare e da sviluppare.

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