Franco Di Grazia*
Il Campidoglio sprizza di gioia per la vendita del palazzo Acea di piazzale Ostiense, ma i piccoli azionisti dellAcea - i cittadini e i dipendenti - ricorderanno la data del 22 giugno 2006 come lennesima giornata nera nella quale, oppressi dallafa e con il cuore gonfio di tristezza, hanno assistito allennesimo depauperamento dellazienda più amata dai romani. La società multiutility, dopo la clamorosa vendita del Cedet (ledificio con le sale controllo delle reti elettriche e idriche, dei depuratori e dei mainframe), con il mancato esercizio del diritto di prelazione sulla sua sede centrale, appare sempre meno solida e il suo futuro ancor più incerto.
Lasta per la vendita propugnata dal Campidoglio era andata a vuoto a febbraio 2005 e allora lAssociazione dei piccoli azionisti Acea aveva scritto al consiglio damministrazione perché «cogliesse loccasione per riflettere nuovamente e più approfonditamente sulla posizione di Acea spa in relazione alla vicenda». Tra laltro lApa sottolineava «la convenienza dellacquisto da parte dellazienda». E aggiungeva che la convenienza era ed è «talmente evidente da non consentire smentita; conveniente per il prezzo, conveniente per la collocazione (alla Piramide), conveniente per limmagine». Nella lettera si sottolineava che tale scelta «è inoltre saggia, perché è un ottimo investimento e consente notevoli risparmi nel medio periodo, evitando costi...».
I piccoli azionisti a febbraio 2005 hanno «raccomandato quindi agli organi societari di compiere la scelta giusta, quella di esercitare il diritto di prelazione nel caso di vendita» - e hanno rappresentato che la scelta contraria «farebbe sorgere dubbi di legittimità per levidente situazione di conflitto di interessi nel quale verrebbe a trovarsi il consiglio damministrazione, in quanto nominato, per la maggioranza dei suoi componenti, da quello stesso Comune di Roma che procede alla vendita».
Insomma, la vicenda, a parere degli azionisti Acea, non può chiudersi con gli annunci gaudenti dalle stanze di palazzo Senatorio e di Lungotevere de Cenci. Primo, perché nelle clausole del disciplinare di gara risulta singolare che Acea spa preventivamente allasta «ha rinunciato alla possibilità di dare disdetta del contratto» con il vecchio locatore e - si badi bene - entro la data di aggiudicazione provvisoria dellimmobile viene disdetto il contratto (tuttora vigente, al canone annuo di euro 2milioni 738mila) tra Comune di Roma (locatore) e Acea spa», in modo che se ne possa stipulare ex-novo un altro (con Beni Stabili Sgr) per 18 anni al canone di euro 6.750.000 lanno (e con limpegno di spendere 12 milioni di euro per ristrutturazione e manutenzione straordinaria), che perciò per il primo anno sarà pari a 3.450.000 euro, ma passerà dal 1° luglio 2009 al 30 giugno 2021 a euro 5.650.000 e che alla scadenza del contratto sarà di euro 6.750.000, in quanto rivalutato a decorrere dal sedicesimo anno in ragione del 75 per cento dellindice Istat.
Secondo, perché con disarmante lucidità a pochi giorni dallasta in una lettera del dirigente Acea di Servizi e tecnologie, indirizzata a Risorse per Roma Spa, si è esplicitata la rinuncia formale a ogni diritto della Società romana sullimmobile di piazzale Ostiense, messo allincanto dallazionista di maggioranza (comune di Roma) di Acea spa, che ha dimostrato - in forma esplicita - il conflitto dinteresse sussistente a danno della società dei servizi pubblici più importante della Capitale. La solidità patrimoniale, fattore sottostante al valore di ogni società quotata in Borsa, al Campidoglio non interessa, ma lobiettivo è quello di fare cassa nel breve periodo, rallegrandosi per la plusvalenza di 7 milioni di euro conseguita rispetto alla base dasta.
(*) Presidente Ass. Piccoli Azionisti Acea
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