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I pm di Palermo intercettano Berlusconi e Casini

Diffuse conversazioni che ora la Procura è obbligata a distruggere

I pm di Palermo intercettano Berlusconi e Casini

da Roma
Intercettazioni «non utilizzabili» e quindi destinate ad essere distrutte, ma buone per «mascariare» ed essere pubblicate sui giornali, coinvolgendo il premier Silvio Berlusconi e il ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu.
La notizia, che era già uscita per la verità una settimana fa sui giornali locali e in agenzia, viene rilanciata perché la procura comunica di aver chiesto al gup il permesso di distruggere quelle intercettazioni, decine e decine, in quanto «non rilevanti ai fini dell’indagine». E il gup sta esaminando la richiesta. Tra un esame e l’altro comunque vengono fuori le carte e anche l’interrogatorio tenuto sino ad oggi segreto della procura di Palermo al ministro Pisanu, sentito come persona informata dei fatti, a seguito di una telefonata tra Cuffaro e il premier Berlusconi. La telefonata, riportano sempre le agenzie, sarebbe stata fatta quando cominciava ad esplodere il processo per le talpe, e pare che il premier abbia rassicurato Cuffaro, sostenendo di aver saputo da Pisanu che tutto si sarebbe risolto. Nei giorni successivi sarebbe esplosa l’inchiesta che vede il presidente della Regione accusato di «favoreggiamento» alle associazione mafiose, e soprattutto porta in carcere Antonio Borzacchelli, capitano dei carabinieri e deputato regionale dell’Udc, Giorgio Riolo, maresciallo dei Ros e Peppe Ciuro, anche lui maresciallo e segretario particolare del pm Antonino Ingroia con il quale seguiva tutti i processi di mafia più importanti nei confronti dei politici e di Marcello Dell’Utri. Tutti oggi sotto processo. Ed è durante il processo che emerge la valanga di intercettazioni che inchiodano i vari imputati e «mascariano» tutti i politici la cui voce si ritrova nei microchip che hanno seguito passo passo la vita di Totò Cuffaro per mesi e mesi. Queste intercettazioni sono consentite dalla legge, perché il governatore siciliano non gode di alcuna immunità. Ma non è così quando le telefonate fanno riferimento a parlamentari. La legge imporrebbe la loro immediata distruzione. Non è avvenuto: adesso è stata fatta la richiesta dai Pm, ma qualcuno dal palazzo ha pensato bene di diffondere le carte di quelle intercettazioni «non rilevanti» con lo scopo evidente di far nascere sospetti, polemiche, retroscena. Insomma «mascariamenti».
Non si capisce bene neanche perché venne chiamato il ministro Pisanu, se ieri dalla Procura hanno sostenuto che in quella circostanza «furono chieste notizie senza alcun riferimento particolare a intercettazioni telefoniche riguardanti politici perché inutilizzabili come prevede il Codice». Si tratta di telefonate che Cuffaro avrebbe avuto con il premier Silvio Berlusconi, con il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, con il ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu e altri deputati. Dalla procura di Palermo viene sostenuto che il contenuto di quelle bobine, una decina di ore di conversazione riferite al periodo che va da ottobre del 2003 a febbraio 2004, non è stato neanche trascritto. Ma si sa comunque con esattezza quante sono state le telefonate e quando. Fra le conversazioni infatti vengono elencati i nomi dell'allora segretario dell'Udc Marco Follini, con il quale Cuffaro ha avuto sei contatti in quattro mesi. Lo stesso numero di conversazioni con Berlusconi. Un contatto con Pier Ferdinando Casini, con i ministri Giuseppe Pisanu ed Enrico La Loggia, uno con Maurizio Gasparri, Antonio Marzano e con il sottosegretario alla Giustizia Michele Vietti, mentre sono nove con Vittorio Sgarbi.

Diciassette con l'attuale ministro per il Mezzogiorno Gianfranco Miccichè, undici con il presidente della commissione antimafia Roberto Centaro, una con il sottosegretario Margherita Boniver e con il viceministro di An Adolfo Urso.
Non servono per il processo ma certamente renderne nota l’esistenza potrebbe servire a diffondere veleni.

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