«I promessi sposi», la tv federalista s’ha da fare

Vuoi o non vuoi, il duomo è il simbolo di Milano. E Milano è indiscutibilmente capoluogo della Lombardia. E il capolavoro di Alessandro Manzoni, I promessi sposi, è il romanzo lombardo più conosciuto nel mondo. Dunque, per le prove generali di tv federalista, nulla di meglio della diretta regionale della serata manzoniana che si è svolta giovedì nel duomo di Milano. La serata, infatti, ha stregato e commosso i fortunati che hanno potuto ascoltare e vedere dal vivo Giorgio Albertazzi che leggeva alcuni brani del romanzo di don Lisander. E assistere dal vivo all’antipasto dell’opera musicale tratta dallo stesso libro e firmata per la regia da Michele Guardì e per le musiche da Pippo Flora.
E tra i fortunati che hanno riempito il duomo di Milano, proprio per festeggiare un evento che simbolicamente e non solo si presenta come un punto di svolta, c’erano il direttore generale della Rai Mauro Masi, molti politici locali e Renzo Bossi, figlio del ministro Umberto. Il quale Senatùr proprio all’ultimogenito - dopo lo scespiriano Riccardo, il neopagano Eridano Sirio e l’irredentista Roberto Libertà - ha voluto dare un nome manzoniano. E al quale, sicuramente è un caso, ha voluto anche dare la chance di raccogliere la sua eredità politica.
Ma la serata manzoniana del duomo di Milano ha anche trattenuto davanti ai teleschermi sintonizzati su Raitre, per un incontro con l’intrattenimento che si sposa con la nostra grande tradizione culturale, 236mila lombardi. Un dato di ascolto, pari a uno share del 5,46 per cento, salutato a ragione dalla Rai come un grande successo. Ottimo inizio, dunque, per l’esordio «federalista» in prima serata tv. Trasmissioni locali la Tv di Stato, infatti, ne aveva già diffuse ma finora mai in «prime time».
Insomma, mentre nel resto d’Italia chi aveva scelto Raitre vedeva un doppio episodio della diciassettesima stagione di Law & Order, eterno poliziesco newyorkese, in Lombardia si celebrava Alessandro Manzoni declamato da Albertazzi e cantato da Noemi Smorra (da ieri Lucia, già Pia de’ Tolomei nel musical La divina commedia), Graziano Galatone (Renzo, in passato Febo in Notre dame de Paris) e dal coro della Compagnia del teatro musicale italiano. E presentato da Lorena Bianchetti, volto noto della Rai.
L’opera musicale su I promessi sposi, quindi, come inizio del federalismo televisivo, che appare un compito d’ufficio della Rai in quanto servizio pubblico e che dopo tanti annunci sembra davvero ai blocchi di partenza. E qualcosa si muove, in parallelo alla diffusione del digitale terrestre, anche sul fronte della politica. Più che altro, però, in difesa delle emittenti locali. Emblematico è il caso della Sardegna, prima regione a sperimentare il passaggio al nuovo sistema di trasmissione che consente sì la visione di più canali ma che obbliga all’acquisto di un decoder per ogni apparecchi. E che ha scatenato la guerra del bottone, cioè l’assegnazione alle varie emittenti dei tasti telecomando più appetibili. I presidenti delle Regioni, su invito del governatore della Sardegna Ugo Cappellacci hanno chiesto all’Autorità garante delle comunicazioni di assicurare alle tv locali una collocazione entro il numero 9 del telecomando.


Certo, gli aspetti pratici, prosaici, della faccenda come il bottoncino più a portata di dito contano molto. Ma anche i contenuti hanno la loro importanza nel determinare le scelte dei telespettatori. E la serata manzoniana di giovedì è un buon auspicio.

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