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I quattro gatti del Papa (e quelli del Tg3)

I quattro gatti del Papa (e quelli del Tg3)

Il Tg3, che domenica sera ha ironizzato su Papa Ratzinger dicendo che ormai ad ascoltarlo saranno sì e no quattro gatti, dovrebbe ricordarsi che fine ha fatto la «profezia» di uno dei suoi ex punti di riferimento, Giuseppe Stalin, il quale a chi gli chiedeva se fosse preoccupato dell’anticomunismo della Chiesa cattolica rispondeva beffardo con una domanda: «Di quante divisioni dispone il Papa?».

La storia, che procede spesso, anzi sempre, in difformità dalle previsioni degli uomini, si è incaricata da tempo di rispondere. Le «divisioni» del Papa non avevano e non hanno né Kalashnikov né Mig, sono armate di rosari e di preghiere magari di vecchie beghine, ma sono ancora lì. Della Grande Armata Sovietica restano solo vecchi filmati scoloriti di grottesche parate sulla piazza Rossa. Sarà anche vero - anzi, è vero - che ad avere «ancora il coraggio e la pazienza di ascoltare» (quantomeno: di ascoltare e anche di mettere in pratica) le parole del Papa sono pochi coraggiosi e pazienti fedeli. Ma non è cosa, questa, che possa preoccupare il credente. Il quale sa bene che, da sempre, il popolo dei cristiani è «un piccolo gregge», il «sale della terra» per usare espressioni evangeliche. Sempre nel Vangelo, in quello di Luca per la precisione, Gesù pone l’inquietante domanda se «troverà ancora la fede, il Figlio dell’Uomo, quando tornerà sulla Terra». Gesù ha assicurato che la Chiesa arriverà fino alla fine dei tempi, ma non ha detto in quali condizioni ci arriverà. Anzi, ai suoi discepoli ha promesso emarginazione e persecuzioni, non certo la vittoria in questo mondo.

Forse, alla fine ci saranno solo quattro gatti. Ma ci saranno, al contrario dei seguaci di tante ideologie millenariste di cui abbiamo già visto il destino. Se dunque il vaticanista del Tg3 voleva offendere i cattolici, come ha ipotizzato il vicepresidente della Vigilanza Rai Giorgio Merlo, del Pd, non c’è riuscito. Intendiamoci: Merlo ha fatto benissimo a sollevare la questione, e a parlare di una «deriva anticlericale singolare e volgare» (testuale). Ha fatto benissimo anche se prima del suo intervento nessuno s’era accorto di nulla, a riprova che se i cattolici sono quattro gatti, gli spettatori del Tg3 sono ancora meno. Immaginiamoci che cosa sarebbe successo se in un tg Rai un cronista avesse detto che ad ascoltare un qualsiasi politico sono rimasti solo quattro gatti.

Giorgio Merlo ha la nostra approvazione, quindi. Come ce l’ha il portavoce della sala stampa vaticana, padre Lombardi, che giustamente ha chiesto più rispetto. Ma abbiamo l’impressione che Roberto Balducci - questo il nome del vaticanista gaffeur - non volesse offendere. Solo, «ha fatto la battuta», come dicono a Zelig. Ha cercato di colorare un po’ la solita e ripetitiva cronaca di un Angelus con un po’ di umorismo, e non gli è venuto fuori dalla bocca niente di meglio che un’espressione paragonabile, per banalità, a quelle dei cronisti sportivi che ci descrivono barbe al palo o finali al cardiopalmo. Visto che siamo in tema, diremmo che il buon Balducci ha fatto autogol. Antonio Di Bella, il direttore del Tg3, è un giornalista corretto e ha riconosciuto l’infortunio.

I «quattro gatti» di Papa Ratzinger non appartengono quindi, probabilmente, alla deriva anticlericale - che produce ogni giorno espressioni ben peggiori - ma a quella della Rai, servizio pubblico che dovrebbe attenersi alla regola aurea del giornalismo di separare, perlomeno durante le cronache, i fatti dalle opinioni, e che questa volta non è riuscito nemmeno a separare i gatti dalle opinioni.

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