I referendum? Voterò «sì» (alla gita con Billo)

Caro Granzotto, non ci mancava altro che il referendum! Ancora alla pugna! Lei come si comporterà?
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Da libero (e un po’ annoiato) cittadino, ecco come mi comporterò, gentile lettrice. Consapevole che il petrolio prima o poi finirà, che pale eoliche, solare e fotovoltaico sono dei pannicelli caldi - scicchissimi, «eleganti» direbbe il pisapiastico Nichi Vendola, ma sempre pannicelli caldi - resto convinto della bontà del nucleare, nell’attesa (due, tre generazioni?) che la fusione fredda metta d’accordo i cavoli dei consumatori con le capre ambientaliste. Consapevole che i nostri acquedotti sono forgiati nella groviera dai buchi della quale si disperde il 40 per cento dell’acqua che vi transita, che l’intero impianto idrico nazionale è al limite della rottamazione e che servono una trentina di miliardi per rimetterlo in sesto, sarei dunque per la privatizzazione secca delle strutture per la distribuzione dell’«oro blu». Consapevole che la prima esigenza dello Stato e dunque del corpo sociale è l’essere governato, devoto ai princìpi della Costituzione «più bella del mondo» in quanto nata dalla Resistenza e rispettoso della memoria dei padri costituenti, tutti eccelsi, tutti santi, che vollero scrivere nella Charta Magna e a caratteri di fuoco il principio dell’autorizzazione a procedere, sono e resto favorevole a quello del legittimo impedimento.
Tuttavia, non potendone più della politicizzazione spinta o per dirla con Sergio Chiamparino, della «connotazione ideologica» di ogni qualsivoglia consultazione, sia essa comunale, rionale, condominiale o referendaria; stomacandomi i toni da «ultima raffica di Salò» di Di Pietro, Vendola, pisapisti sciolti e a pacchetti, megere «sinceramente democratiche» e altri badilanti della politica di sinistra per i quali il «sì» ai referendum rappresenterebbe lo sparo alla nuca - ovvero colpo di grazia - del mio beneamatissimo Cavaliere, ecco come procederò, gentile lettrice. Datosi che le mie aspettative di vita son quelle che sono e che dunque per quanto mi riguarda le riserve di petrolio sono più che sufficienti, consentendomi fino al sopraggiungere della Comare Secca di fare il pieno all’auto, di prendere l’ascensore, di accendere la televisione, e di leggere al lume della mia Artemide e non a quello della candela, del nucleare sì o nucleare no non me ne può fregare di meno. Se la sbrigheranno i giovani e i figli dei giovani. Se pensano di guidare un domani autovetture alimentate dalle pale eoliche sul tetto, contenti loro contenti tutti. Datosi inoltre che l’acqua scorre nei miei rubinetti alla giusta pressione, che non ne è mai stata sospesa l’erogazione, che ho di che pagare la bolletta, che sempre in rapporto alla mia aspettativa di vita sai che me ne importa se fra tot anni la rete di condotte arriverà a perdere anche l’ottanta per cento di acqua buona e fresca, nella scala da 1 a 10 il mio interesse alla privatizzazione o meno degli impianti di distribuzione è zero. Datosi infine che l’abrogazione referendaria del legittimo impedimento allo stato delle cose nuoce sì al Berlusca, ma cambiando le cose potrebbe nuocere all’ipotetico Prodi al quale riuscisse, nel nome dell’alternanza, il colpo grosso, vada come vada perché tanto oggi a me e domani a te (altra versione: chi la fa l’aspetti).


Ricapitolando, gentile lettrice, io ci metterei anche l’impegno civile, però siccome nei referendum di civile c’è niente mentre tanto c’è di politica politicante, mi pregio di negare ai referendari - e questo con grande giubilo e altrettanto diletto - la mia quota parte del quorum. Andandomene, il 12 e il 13 giungo, in campagna, a far correre Billo (a proposito, dovrò cambiare la fotografia. Si sta facendo grandicello, ha più di un anno e mezzo ormai).
Paolo Granzotto

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