Istria, capitolo secondo. Dopo le proteste delleurodeputata slovena contro la concessione della cittadinanza italiana a chi - oggi sloveno o croato - non era riuscito ad ottenerla con la legge dei primi anni 80, ecco tornare in primo piano la contestata vicenda degli immobili in Croazia. Giovedì scorso, a Strasburgo, nel corso dellesame sulla trattativa per lallargamento dellUe, affidato al tedesco Elmar Brok, è stato votato tra gli altri a stragrande maggioranza un emendamento in cui si sottolinea e si riafferma «il diritto dei cittadini comunitari, senza discriminazioni, ad avere accesso al mercato immobiliare abitativo in Croazia».
Un voto che rafforza la posizione italiana notificata qualche tempo fa da Fini al commissario Olli Rhen che mira a bloccare ladesione alla Ue di quel Paese fino a che non avrà termine la perdurante ostilità del governo di Zagabria allidea che, in futuro, cittadini italiani possano rivendicare o comunque acquisire abitazioni dove risiedevano un tempo. Solo che in Croazia continuano a fare orecchie da mercante. Anzi, peggio.
Proprio il giorno dopo quel voto dellEuroparlamento infatti, il vice-primo ministro di Zagabria Damir Polancec, a margine di un colloquio col commissario allenergia della Ue Pieblags, ha fatto sapere senza peli sulla lingua che per risolvere la questione, i governi di Roma e Zagabria devono, se del caso, «discutere tra loro» e che comunque non esiste alcuna ipotesi di restituzione di immobili e/o beni ad italiani che hanno lasciato lIstria, visto che «tutto è già stato stabilito dal trattato di Osimo del novembre 75 e che dunque la questione è chiusa». Ma le cose non stanno così. Intanto è ancora in piedi - ormai da molto, troppo tempo - la questione dei rimborsi. Con laccordo di Roma dell83 che interveniva su quelli di Osimo, la Jugoslavia si era impegnata a versare 110 milioni di dollari in 13 rate annuali (da gennaio '90 a gennaio 2002) per compensare i profughi dei beni loro sottratti. Già si trattava di una miseria (per le cronache: 21 centesimi di dollaro a metro quadro...). Ma dopo due anni la Repubblica federativa collassò. E se quantomeno la Slovenia ha pagato le sue rate in una banca tedesca con sede a Lussemburgo (quattrini mai ritirati dai nostri governi che hanno trovato impropria non solo la somma che Lubiana si è accollata, ma anche il fatto che fosse restituita senza interessi), a Zagabria hanno fatto finta di nulla. Nessun versamento. Niente di niente. Adesso il contenzioso si riapre, e non è da sottovalutare. Zagabria dice di volere un accordo bilaterale con Roma per non far fallire i negoziati della sua adesione alla Ue, ma probabilmente pensa ad altro. E cioè ad un Prodi a Palazzo Chigi, visto che fu lui, da commissario, a sollecitare lavvio del negoziato tra Bruxelles e Zagabria riferendo che la Croazia meritava ladesione.
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