I segreti dell’assassino

GenovaUna persona per bene, affabile, gentile ed anche disponibile nei confronti del quartiere. È il ritratto che disegnano amici e conoscenti di Carlo Trabona l’assassino- suicida che ieri ha messo nel panico il quartiere genovese di Molassana. Passando in via Piacenza tra il bar dove giocava a carte ed il palazzo dove abitava con la famiglia da tanti anni, nessuno avrebbe pensato che quest’uomo avesse un passato scomodo lasciato in Sicilia, a Vallelunga Pratameno, il paese nativo in provincia di Caltanisetta. L’uomo se ne andò nel 1965 per cercare lavoro in Svizzera prima di decidere il trasferimento a Genova dove già abitava il fratello. Nessuno a Molassana sapeva di quella condanna a 20 anni e 6 mesi in primo grado frutto di un duplice omicidio avvenuto in contrada Casabella a Cammarata nella provincia di Agrigento il 7 maggio del 1959. Nel 1963 quella sentenza fu poi ribaltata dalla Corte d’Assise d’Appello del tribunale di Palermo che scarcerò Trabona, che aveva già precedenti per associazione a delinquere. Due anni dopo lasciò la Sicilia ma le sue frequentazioni erano ritenute pericolose forse perché legate all’ambito della malavita siciliana e la polizia lo limitò con provvedimenti di diffida e libertà vigilata.
Poi più nessun problema con la legge, l’attività di muratore, la famiglia, due figlie ed una immagine ricostruita fino alle ossessioni per gelosia ed il raptus che ha sconvolto familiari e un intero quartiere, facendo emergere quel passato che l’uomo avrebbe voluto tacere. «Non so cosa sia potuto succedere - raccontano gli amici del circolo della Concordia dove l’omicida andava a giocare a carte quotidianamente -. Era qui tutti i giorni, facevamo partite interminabili, ed era spesso assieme a Loreto (uno dei due fratelli Cavvarretta uccisi, quello che il 74enne credeva avesse una relazione con la moglie ndr) con il quale andava a fare passeggiate interminabili. Restiamo increduli».
Trabona, in pensione da qualche anno, trascorreva parte del suo tempo libero sulle colline di Molassana dove gestiva un orto urbano. Raccontano che raccoglieva frutta e verdura e la distribuiva agli amici facendo vanto della qualità dei suoi prodotti. Lo stesso ritratto anche dai condomini del civico 91 di via Piacenza: per tutti sia Carlo, sia la moglie Antonietta erano persone «per bene, estremamente gentili e rispettose. Nulla avrebbe fatto pensare che Trabona fosse un violento, tantomeno che una donna come Antonietta potesse avere una relazione extraconiugale».

Eppure, quell’uomo per bene ha fatto vivere a Genova «una giornata di follia» come ha commentato il questore Filippo Piritore: «Si è trattato dell’opera di un pazzo, per fermarlo eravamo pronti ad intervenire anche con i tiratori scelti». Non c’è stato bisogno, Trabona l’ha fatta finita da solo.

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