Politica

I sondaggisti: Berlusconi riconquista gli indecisi

«Tra i due sfidanti il Cavaliere è avvantaggiato dal suo prestigio»

I sondaggisti: Berlusconi riconquista gli indecisi

Francesca Angeli

da Roma

Il distacco tra l’Unione e la Casa delle libertà si riduce: il Mississippi è diventato un ruscelletto. Gli incerti, quelli in bilico tra l’astensione e il voto, quando escono dall’indecisione si orientano verso il centrodestra.
L’Unione è sempre in testa, ma il sondaggista Renato Mannheimer indica una forbice che va da un minimo di tre ad un massimo di cinque punti. Nicola Piepoli calcola una media generale tra tutti i sondaggi condotti la scorsa settimana ed arriva così ad un divario di appena due punti tra centrodestra e centrosinistra. Una rimonta che ha quasi dell’incredibile, visto che a settembre la coalizione di governo era dieci-dodici punti sotto. Maurizio Crozza, l’effervescente comico di Rockpolitik, spiega così la risalita: «Berlusconi ha affidato i sondaggi alla Banda Bassotti di Boston, che lo dà vincente anche nelle isole Cayman». Battuta divertente, ma la politica ha bisogno di spiegazioni più complesse, anche perché non ci sono soltanto i sondaggi della «Banda Bassotti» a segnalare la ripresa, ma anche quelli di Tns Abacus, Swg e Ipr Marketing presi per l’appunto in considerazione da Piepoli insieme con i risultati dell’indagine commissionata dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, all’istituto americano Psb, Penn, Schoen & Berland Associated Inc. Piepoli li mette tutti assieme, fa la media ed arriva ad un 49,9 per cento per l’Unione contro un 47,9 per la Casa delle libertà.
«Siamo in una cruciale fase di passaggio - spiega il sociologo Carlo Buttaroni -. Nelle ultime settimane la forbice tra le due coalizioni si è ridotta perché gli incerti, quelli che ancora non hanno deciso se votare o no, man mano prendono posizione, e questo movimento sta favorendo il centrodestra». Anche per Buttaroni come per Piepoli la partita resta ancora aperta, ma per poco. «Tutte le esperienze passate ci insegnano che questa è la fase di campagna elettorale in cui ci si gioca il tutto per tutto - prosegue Buttaroni -. Il mese che precede le elezioni è decisivo». Ecco perché sarebbe fondamentale che il faccia a faccia tra Prodi e Berlusconi avvenisse al più presto. «A ridosso del voto un confronto non avrebbe più alcun valore: a una settimana dalle elezioni i giochi sono già fatti - spiega Buttaroni -. È adesso che si può ancora muovere qualcosa».
L’aria che tira, però, non è favorevole a Prodi, che infatti temporeggia davanti all’ipotesi del faccia a faccia e punta i piedi, avanzando richieste di nuove garanzie. Anche se, dice Buttaroni, un confronto televisivo non è mai decisivo per la vittoria. «Conta quello che si fa e si dice lungo tutta la campagna elettorale - sostiene il sociologo -. Un confronto non sposta neppure consensi da uno schieramento all’altro. Può però indurre un indeciso a uscire di casa e andare a votare per il partito verso il quale era già orientato». Ed è proprio questo il punto probabilmente che accresce l’insicurezza di Prodi: anche i suoi alleati gli rimproverano di essere poco convincente. Ma il faccia a faccia, osserva il sociologo, fa parte del gioco democratico e non è proficuo tirarsi indietro.
Anche in tv contano carisma e leadership. Mannheimer valuta la forza di quella di Berlusconi come un punto in meno per la Cdl. Secondo Mannheimer, infatti, il prestigio del premier «rischia di penalizzare i suoi alleati». La pensa esattamente al contrario il sociologo Buttaroni. «Il problema è la debolezza di Prodi, certamente non la forza di Berlusconi - dice Buttaroni -. Prodi ha troppi leader intorno. Mentre per un elettore l’icona Berlusconi è facilmente riconoscibile, l’elettore orientato a sinistra di fronte a quel ventaglio di scelte e di leader forti rischia di entrare in cortocircuito».
Se su questo punto Buttaroni dissente da Mannheimer, su un altro è invece in pieno accordo. «Si va verso l’ingovernabilità», ha detto ieri Mannheimer ad Affaritaliani.

«Il rischio di una maggioranza molto debole al Senato, di destra o di sinistra, è praticamente inevitabile - conferma Buttaroni -, il che non può che significare ingovernabilità».

Commenti