Più che un boatos, è un’intenzione seria. Calcolata. Fabrizio Corona, direttore dell’agenzia fotografica sott’accusa per estorsione, droga e prostituzione, sarebbe prossimo a «pentirsi». La decisione di avviare una sorta di collaborazione chiarificatrice con l’autorità giudiziaria lucana è trapelata a palazzo di giustizia e sembrerebbe esser maturata nelle ultimissime ore. Conferme ufficiali, com’è ovvio, non ve ne sono. Ma sulla scelta di cambiare strategia difensiva già da oggi in occasione dell’udienza al tribunale del Riesame e di non avvalersi più della facoltà di non rispondere, potrebbero aver influito le ammissioni di alcuni vip ricattati, la pesantezza di un carcere che non è certo il Billionaire, il coinvolgimento della moglie Nina Moric indagata per riciclaggio nonché il timore di pagare per tutti. Per colpe che invece, a parere di Corona, se riscontrate andrebbero equamente distribuite fra chi era parte integrante del «sistema».
Al momento non è possibile stabilire a quali fatti e persone il fotografo dei vip intenderà riferirsi nelle sue dichiarazioni spontanee, né se tra gli obiettivi della sua prossima collaborazione - come si sussurra - possa esserci l’amico mecenate Dario «Lele» Mora sfuggito all’arresto nonostante l’ordinanza del gip Iannuzzi lo consideri il dominus dell’intera organizzazione. Corona avrebbe fatto comunque sapere di non voler più essere il capro espiatorio per le asserite estorsioni in danno di attori, calciatori, imprenditori, importanti esponenti politici. E proprio su ciò che ruota intorno a questi ultimi, Corona sembra intenzionato a vuotare il sacco, partendo proprio dalle immagini vendute a Silvio Berlusconi, passando per il leghista Roberto Maroni, per finire al pedinamento di Sircana e a tant’altro ancora mai pubblicizzato.
La sola minaccia di aprire gli armadi blindati e dare fuoco alle polveri potrebbe mettere in fibrillazione il mondo della politica, dello spettacolo, dello sport, nel timore che l’effetto a catena di queste rivelazioni dia la stura definitiva all’inchiesta del pm Henry John Woodckok e «rimetta a posto» - per usare le parole attribuitegli - tutte le storie lette in queste settimane sui giornali.
In un passaggio dell’intervista rilasciata da Corona il 23 marzo al Giornale («qua dentro mi trattano bene, i detenuti sono gli unici che mi hanno dimostrato solidarietà, tutti gli amici sono invece scomparsi») qualcuno aveva letto un messaggio in codice agli addetti ai lavori. Ai più sembrava invece dietrologia. Appunto, sembrava.gianmarco.chiocci@ilgiornale.it
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