Franco Ordine
«Ho un gruppo più forte del caos». Marcello Lippi, in visita a Pontedera alla Fondazione Piaggio, patria della Vespa, per raccontare il suo mondiale, continua a ripetere il motivetto che gli piace tanto. Ma forse non immagina che adesso la slavina proveniente dalle diverse procure, Napoli e Torino, Parma, comincia a seppellire anche parte della sua Nazionale e la sua stessa panchina. «Non mi sento un uomo solo» continua a ripetere per dare lidea di essere dritto dinanzi al martellare di notizie e indiscrezioni che decimano, ora dopo ora, una parte consistente e pubblica del calcio italiano. Prima i probabili nazionali di Torino che hanno un posto donore nella lista da pubblicare lunedì pomeriggio, poi lindiscrezione su una intercettazione riferita a una conversazione tra il Ct e Moggi, argomento un calciatore della Gea da convocare. A Roma, negli uffici della federcalcio che restano accesi fino a tardi con i terminali puntati sulle agenzie, confessano la scomoda sensazione di ritrovarsi seduti sopra un vulcano in attività, in piena attività. «Eppure - ammettono un paio di funzionari - ventiquattrore prima lindiscrezione è stata smentita da fonte autorevole». Come dire che erano stati raggiunti dalla soffiata e avevano svolto una qualche verifica. Cè una intercettazione ma è di nessun rilievo, Moggi chiederebbe a Lippi di non convocare un azzurro infortunato, roba di nessun conto, ordinaria attività istituzionale.
In quelle stesse ore, Marcello Lippi, non ancora informato dello sviluppo clamoroso, del terremoto, ha avuto il tempo di emozionarsi dinanzi a una gigantografia di Giovannino Agnelli, figlio di Umberto, e di garantire un mondiale ad alto livello. «Dirò agli azzurri di lavorare uniti, di non pensare che chi gioca il primo tempo è più importante di chi entra nel secondo e che non cè da sperare che uno sbagli un gol per poter giocare al suo posto. Così non si andrebbe da nessuna parte» è la sua profetica lezione svolta a un gruppo che deve vedere la luce lunedì e su cui non ci sono più dubbi o ballottaggi, è entrato Inzaghi, è uscito Vieri, e via così fino al raduno di Coverciano e poi al viaggio alle porte di Duisburg.
Anche lultima gherminella di Fabio Cannavaro, venuta fuori da una intervista a Vanity Fair, sembra superata da una telefonata di chiarimento con linteressato. «Ho capito il senso delle sue parole» manda a dire il Ct che a sera inoltrata, rientrato a casa, risponde in modo deciso allaccusa più grave. «Le convocazioni della Nazionale sono sotto gli occhi di tutti» la sua frase che vuol dire tante cose. Vuol dire che mai una sola convocazione ha avuto il sapore di un favore reso a procuratori o dirigenti e che gli elenchi sono lì a testimoniarlo.
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