Non è il caso di illudersi che Prodi, anche ammesso che lo voglia, riesca mai a effettuare il rimpasto che, un po a mezza bocca, gli ha richiesto Fassino: se infatti muovesse anche una sola delle 102 «carte» (leggi ministri, vice-ministri e sottosegretari) verrebbe giù tutto il castello. Ciò non toglie che la situazione imponga, con la massima urgenza, la rimozione o - visto che bisogna accontentarsi - almeno il trasferimento a un dicastero dove possa fare meno danni del ministro per l'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio: una specie di Attila governativo che anche i suoi compagni di viaggio più equilibrati dovrebbero essere ansiosi di scaricare.
L'ultima sua impresa, che potrebbe anche fornire una motivazione per rimuoverlo, è il clamoroso inganno perpetrato sul cambiamento di clima in Italia e rilanciato con grande enfasi da buona parte dei media. Il Corriere della Sera del 13 settembre ci ha addirittura aperto la prima pagina, con un titolo che vale la pena riportare testualmente, completo di occhiello e sommario: «Il ministro dell'Ambiente alla Conferenza di Roma: le spiagge diventeranno invivibili - CLIMA E COSTI, ALLARME PER L'ITALIA Pecoraro Scanio: caldo quattro volte più su che nel resto del mondo, 50 miliardi di danni». Peccato che sia tutto falso, come hanno denunciato nelle 48 ore successive tutti gli addetti ai lavori, cominciando dal nostro Franco Battaglia e finendo con Franco Prodi, fratello del presidente del Consiglio e definito dallo stesso quotidiano - evidentemente pentito per avere certificato la bufala - «il più illustre climatologo italiano»: le temperature in Italia sono in linea con quelle del resto del pianeta, e tutte le cifre fornite dal ministro a una conferenza cui erano invitati solo i suoi amici, sono - come scrive Carlo Stagnaro dell'Istituto Bruno Leoni - buone al massimo per giocare al lotto sulla ruota di Napoli. Rimane da chiedersi a che gioco stia giocando Pecoraro. I casi sono due: o è così ignorante da non saper leggere neppure gli studi del Cnr o cerca di imbrogliarci per ottenere più soldi - vuole 7 miliardi di euro - per le sue «politiche climatiche», che nascondono chissà quali interessi.
Ma le responsabilità del caporione dei Verdi non si fermano certo qui. Una parte della classe politica (solo questa settimana, hanno preso posizione Scajola, Casini, Bersani ed altri) sta finalmente aprendo gli occhi e patrocinando il rilancio dell'energia nucleare, ormai accettata, secondo l'ultimo sondaggio, da sette italiani su dieci? Pecoraro interviene subito a gamba tesa, sostenendo che il dibattito sul nucleare è «fasullo, anzi ridicolo» perché costruire una centrale atomica in Italia è impossibile.
Il ministro delle Infrastrutture Di Pietro, pur con tutti i suoi limiti, cerca di rilanciare un programma di infrastrutture per rimediare agli enormi ritardi accumulati? Pecoraro lo blocca subito, proponendo analisi di impatto ambientale più lunghe e macchinose di quelle che già esistono, e che permetterebbero ai suoi pasdaran di imporre chissà quanti ulteriori rinvii. Una parte dell'Unione, a cominciare dai suoi esponenti piemontesi, tenta di rimettere in moto il progetto della Tav Torino-Lione e salvare il famoso Corridoio 5? Pecoraro si oppone e fa da sponda a quelle poche migliaia di scalmanati che sono riusciti a fermare l'inizio dei lavori e adesso dicono no anche al nuovo tracciato studiato per accontentarli.
L'elenco potrebbe continuare, con i guai combinati dal ministro dell'Ambiente nella sciagurata vicenda delle discariche campane, con l'assurdo tentativo di bloccare surrettiziamente l'attività venatoria nei Siti di Interesse comunitario e nelle Zone a protezione speciale, con i folli e costosissimi progetti di riempire i paesaggi italiani degli orribili impianti per la produzione di energia eolica, con il «sabotaggio legale» degli impianti di rigassificazione giudicati da tutti necessari per evitare di rimanere al freddo e al buio. Il problema è che l'uomo, in preda al suo fanatismo ambientalista, fa sistematicamente prevalere le istanze della piccola minoranza che rappresenta sull'interesse nazionale: una situazione intollerabile, che rischia di arrecare al Paese più danni di un secolo di gas serra.
Livio Caputo
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