Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica
Roma - Due orbite indipendenti, ma con punti di attrazione gravitazionale comuni. Le storie di Angelo Balducci e Mario Mautone hanno tratti simili, anche se il curriculum del primo è più luccicante. Entrambi hanno ricoperto l’incarico di provveditori alle opere pubbliche, anche se in diverse regioni, entrambi sono stati a un certo punto della loro ascesa promossi o trasferiti, a seconda dei punti di vista, da Antonio Di Pietro, quando l’ex pm era al dicastero delle Infrastrutture. Entrambi hanno avuto rapporti troppo contigui con imprenditori interessati agli appalti (Anemone per Balducci, Romeo per Mautone), ed entrambi sono stati sputtanati dalle intercettazioni che li hanno incardinati come «corruttori» nei teoremi della magistratura. In conseguenza delle quali, entrambi sono incappati in guai giudiziari con tanto di soggiorno in carcere.
Nell’elenco dei parallelismi nelle carriere di questi due superburocrati dei lavori pubblici (che se anche fanno danni, cambiano poltrona ma non perdono il posto, galera permettendo), colpisce come le traiettorie esistenziali di Balducci e di Mautone impattino con il Tonino nazionale, che di riffa o di raffa «c’azzecca» con entrambi. Anche se non ha mai smesso i panni del grande moralizzatore, ora chiedendo a gran voce la testa di Bertolaso, mesi fa prendendo le distanze da Mautone, nonostante i coinvolgimenti «familiari». E, sul Riformista di qualche giorno fa, rivendicando di aver «spostato» Balducci per due volte. Pur premettendo: «Non avevo niente contro di lui».
Sappiamo bene delle liaisons ad alto rischio del leader Idv con Mario Mautone, l’ex provveditore alle opere pubbliche di Campania e Molise, travolto dall’inchiesta napoletana sull’appalto «Global Service». E asceso a gloria autonoma persino rispetto a Romeo, con un filone indipendente di quell’inchiesta, che scava su un «sistema Mautone», incentrato tra l’altro sulla costruzione di nuove caserme tra Campobasso e Napoli. Proprio le intercettazioni fecero emergere una serie di richieste di «favori» avanzate all’ex provveditore da parte di Cristiano Di Pietro, figlio di Tonino e all’epoca consigliere provinciale dell’Idv a Campobasso. Una vicenda tuttora aperta, come l’intera inchiesta. I cui collegamenti portano un po’ in tutte le direzioni, da Bari a Roma. E che lambirebbe l’entourage del sottosegretario Guido Bertolaso. Era infatti quest’ultimo il responsabile dei siti campani dichiarati «di interesse nazionale». In gran parte cave e luoghi destinati a ospitare le discariche. Ma anche, appunto, i terreni dove dovrebbero sorgere la cittadella della polizia e le altre caserme. Quelle ai cui appalti si interessava pure Cristiano, infatti, avrebbero fatto gola a molti altri imprenditori, ben più importanti degli amici del delfino di Tonino. E le pressioni per forniture e interventi, si ipotizza nella procura partenopea, non avrebbero risparmiato i vertici della Protezione civile.
Un capitolo ancora tutto da scrivere, con una certezza: Di Pietro a luglio 2007 portò Mautone al ministero, e lo nominò a capo di una commissione sugli appalti autostradali. Il politico sostiene che non fu una promozione, ma che anzi era una «mossa» per impedire a quel burocrate «discusso» di continuare a far danni a Napoli. Ma non si può dimenticare che l’allora ministro aveva un chiaro interesse personale a tutelare il figlio da quell’amicizia scomoda e dai riverberi giudiziari. Tanto che Cristiano, sotto il Vesuvio, è finito indagato.
Mautone arriva a Roma, dove c’era già Angelo Balducci. E Tonino in ragione del suo incarico ha rapporti anche con quest’ultimo. Il nome dell’ex soggetto attuatore dei lavori alla Maddalena, Balducci (che è tra i quattro arrestati nell’indagine fiorentina sul G8) finisce nell’agenda di Di Pietro quando l’organizzazione del vertice è ancora lontana. Nell’estate del 2006, Tonino arriva in Consiglio dei ministri con una serie di nomine da proporre. Una riguarda proprio Balducci, che lascia il Consiglio superiore dei Lavori pubblici e trasloca a capo del Dipartimento infrastrutture statali, edilizia e regolamentazione dei lavori pubblici. Promozione o bocciatura? Di Pietro, ora, sostiene che fu un «demansionamento», perché la nuova poltrona non era «operativa». La presa di distanza è singolare, una excusatio non petita, un modo per lavarsi le mani nel momento in cui il suo partito spara ad alzo zero sulla Protezione civile. Ma non è nuova, e ricorda quanto accadde con Mautone.
E d’altra parte Aurelio Misiti, parlamentare Idv con un passato importante nei Lavori pubblici, per «difendere» il suo leader ha sostenuto sul Fatto Quotidiano la stessa tesi di Tonino, ricordando che Di Pietro non solo non avrebbe mai promosso Balducci, ma addirittura l’avrebbe «rimosso» per due volte dagli incarichi che gli aveva assegnato il centrodestra. L’ex ministro, insomma, l’avrebbe solo parcheggiato su una poltrona «senza alcun potere operativo». Curioso che sempre Misiti al Messaggero dia una lettura in contraddizione, spiegando che riteneva Balducci «più adatto alla gestione» e che per questo raccomandò a Di Pietro di sostituirlo.
Una doppia versione messa in evidenza dall’agenzia «Il Velino», che si domanda: «Balducci era non operativo o più adatto alla gestione?». Di certo qualsiasi cosa dica Tonino resta il fatto che il dipartimento dell’Edilizia del ministero delle Infrastrutture è un incarico a dir poco prestigioso. Balducci lo lascia qualche mese più tardi, perché Francesco Rutelli lo fa nominare commissario delegato per la ricostruzione del teatro Petruzzelli di Bari. Ma quella poltrona non gli fa schifo, visto che avrebbe tentato di mandarci un altro alto dirigente del ministero, Claudio Rinaldi. Che oggi ritroviamo indagato, insieme a Balducci, in un’altra vicenda di appalti: i presunti abusi edilizi commessi per i mondiali di nuoto Roma 2009. Due i commissari dell’evento che si sono avvicendati: Balducci e poi Rinaldi. Entrambi finiti nei guai, tra l’altro, per la costruzione di una piscina al Salaria sporting village, il club dei presunti «festini» di Bertolaso e soci, di proprietà dell’imprenditore Anemone e del figlio maggiore di Balducci, Filippo.
Bell’intreccio. E non è finita. Facciamo un passo indietro e torniamo al dipartimento Edilizia. Perché, due anni fa, qualcuno racconta che Di Pietro si opponga alla nomina di Rinaldi a quell’incarico.
Quel qualcuno si chiama Mauro Caiazza, è un collaboratore di Mautone, intercettato nell’estate 2007 mentre parla con l’ex provveditore campano amico di Cristiano Di Pietro, cercando di convincerlo ad accettare di buon grado il trasloco a Roma. Un po’ di gossip ministeriale, che alla luce di quanto è poi accaduto è interessante leggere. Caiazza: «...tieni conto che a Rinaldi lo ha chiamato e gli ha detto: “O te ne vai...”, e lui al capo di gabinetto gli ha detto “no, non me ne vado”, “guarda, ha detto il ministro che o te ne vai o ti manda alla procura della Repubblica”. Hai capito chi è questo Di Pietro?». Mautone: «A chi lo ha detto?»: Caiazza: «A Rinaldi. Io lo so perché Rinaldi lo ha detto alle persone, e ha detto “questo mi ha chiamato, mi ha sbattuto al muro e... me ne devo andare”. L’ha cacciato via, mandato alle dighe!». Mautone: «E poi lo voleva far rientrare?». Caiazza: «No, poi lui si è fatto raccomandare per l’edilizia e non lo ha fatto più rientrare». Mautone: «Ma chi ce l’aveva proposto all’edilizia?». Caiazza: «Ce l’avevano proposto perché Balducci conosce Rutelli e Prodi, e ha fatto raccomandare Rinaldi, e dice “mo lo schiaffo all’edilizia, così c’ha tutti i provveditori sotto”! Invece poi Di Pietro non ha ceduto. “No, no!! Questo deve rimanere là, e l’ha lasciato là. E l’edilizia te l’ha data a te, e te l’ha data perché sa che il figlio è intervenuto, ci sono una serie di persone che t’hanno raccomandato. Lui t’ha tolto da Napoli ma non ti ha messo a Canicattì». Qualche domanda resta aperta. È vero che l’allora ministro minacciò di denunciare Rinaldi in procura? E per quale motivo? La nomina di Rinaldi come commissario straordinario per i mondiali di nuoto è di un anno dopo. Che informazioni compromettenti su di lui aveva Di Pietro, tali da paventare di «mandarlo in procura», e da far resistere il ministro alla «sponsorizzazione» che Rinaldi avrebbe avuto, tramite Balducci, dall’ex premier Prodi e da Rutelli? Se sospettava illeciti non ne ha fatto parola, «cacciando» Rinaldi nel solito modo, ossia nominandolo direttore generale. Per le Dighe.
Ma l’effetto più curioso del trasferimento di Mautone a Roma è la comparsa prepotente del dirigente nelle carte dell’inchiesta sul G8. Mautone da direttore generale subentra a Celestino Lops come responsabile dell’appalto per la costruzione della Scuola marescialli nell’area di Castello a Firenze. Storia da milioni di euro e una diatriba tra due imprese: l’Ansaldi e la Btp di Riccardo Fusi. Si arriverà al recesso dell’appalto dato all’Ansaldi da parte del ministero, ma Mautone è titubante a usare le maniere forti. Tanto che Fusi intercettato parla di «truffa in atto, associazione a delinquere», e aggiunge: «Se Mautone fa tutti questi discorsi vuol dire che è di banda».
E lamentandosi con Verdini dello stallo ministeriale, aggiunge: «Lì c’era il grande ministro Di Pietro quando, con Mautone, hanno fatto tutte queste cose, e prima ancora c’era il vostro ministro». Sbagliava, Mautone era arrivato dopo. E di lì a poco, sarebbe finito in carcere. Per la gioia di Fusi: «Ma si sapeva», ridacchia, e poi chiude: «Fanculo, va buo’, ciao».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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