Iva Zanicchi, si sa, parla a razzo. Ogni frase, una battuta. E ogni battuta, un fondo di verità. Figuriamoci quando deve raccontare la sua vita, che già di per sé è una storia bellissima. Chiede solo una pausa per un bicchiere d’acqua e poi giù a cento all’ora anche quando accenna a Berlusconi, per cui è europarlamentare, oppure ai «signori comunisti», per cui si esibiva in Unione Sovietica. Era una eurocantante, ora che è stata eletta a Strasburgo è anche un’europarlamentare e parla di politica come mangia, dicendo quello che quasi tutti sperano: «La politica potremmo farla tutti, anche una casalinga che ha imparato come far quadrare i conti».
Signora Zanicchi, lei ha mai fatto la casalinga?
«Un po’poco ma ci provo sempre. Ora sono qui in vacanza nella mia Ligonchio e ho preparato cappelletti in brodo e salsa verde per la festa di San Rocco. Dopo averli assaggiati, mia mamma, che ha 94 anni, mi ha detto: a me venivano meglio. Mi sono sentita un nulla».
Ma lei ormai è pure europarlamentare.
«Ho iniziato il 15 maggio. Impatto emozionante, ma non è una passeggiata. Ho voglia di fare anche se mi sento all’asilo».
Avrebbe dovuto arrivare prima. Poi Jas Gawronski le soffiò il posto.
«Mi sono arrabbiata. Ma adesso quasi ci baciamo in bocca. Io sono una del popolo, lui è un re».
Racconti il debutto a Bruxelles.
«Avevo un’idea romantica e mi dicevo: non può essere peggio che in Italia. Poi durante la prima seduta ho sentito un italiano di sinistra (l’europarlamentare Claudio Fava - ndr) dire che in Italia è tornato il fascismo e di vergognarsi di essere italiano. Avevo le cuffie per ascoltare, le ho buttate via».
Insomma, sembrava di essere a Montecitorio.
«Questa mancanza di amor patrio e di onestà mi avvilisce. Io ho cantato in Russia per i signori comunisti, ho fatto 45 spettacoli perché là ero la cantante italiana più famosa e non mi sono mai sognata di parlare male del mio Paese. Anche se ricordo che una volta, appena dicevi viva l’Italia, ti zittivano come fascista».
A Bruxelles il livello adesso sarà diverso.
«Lo spero. Faccio parte delle commissioni “Donne” e “Lavori e affari sociali”. Speravo in quella della “Cultura”. Magari più avanti».
Però in primavera ci sono nuove elezioni. Si ricandiderà?
«Penso proprio di sì: voglio fare bene le cose che ho in testa. Ad esempio, la tutela della musica italiana. Ma le sembra possibile che le radio trasmettano quasi tutte canzoni straniere? Ci vuole un limite. Mettiamo che la programmazione delle radio debba contenere almeno il 50/60 per cento di musica italiana. Certo, parlando con gli elettori, mi accorgo di quanto distanti siano i politici dalla gente».
O è il contrario?
«Il 90 per cento della gente non sa dov’è Strasburgo e quanto sia importante per tutti. Ma la colpa è di chi non glielo ha spiegato».
Lei ci prova. E Berlusconi che le dice?
«Mi ha chiesto: come ti trattano? E io ho risposto: benissimo, troppo bene, c’è da sospettare qualcosa».
Lei è una diva, dopotutto.
«Quando ho incontrato Sarkozy all’Eliseo gli ho detto: sono prima una cantante e poi un’europarlamentare. Lui è un uomo ricco di fascino, gesticola come noi italiani, è carino. Insomma, capisco Carla Bruni».
E poi sa comunicare.
«Sarkozy sa comunicare come Berlusconi».
Se la sentono dalle sue parti in Emilia Romagna a dire così...
«Qui soffrono, la gente dice: ma la figlia di Zefiro che fa?».
E se la vedessero sul palco, magari la fischierebbero.
«È successo solo una volta in un paese, venti giorni dopo l’elezione. Prima mi ricevono in Comune, mi danno i fiori. Sul palco io canto come una matta, mi spendo ma vedo che c’è un gruppetto, saranno state venti persone sulla destra, che non applaude. Penso: quelli mi sono ostili».
Poi?
«Finisco e la gente mi chiede i bis. Io bis non ne faccio. Allora mi urlano: cantaci Bandiera rossa».
E lei?
«Figurati se te la canto. Poi ho saputo che l’assessore, quello che mi aveva invitato, si era dovuto dimettere. Qui in Emilia sono ancora così».
Pensano che lei si sia candidata con Berlusconi per fare tv.
«Ma se da quando sono con Silvio, Mediaset non mi ha più affidato un programma».
Lei garantirebbe ascolti alti.
«Adesso chiedo formalmente un incontro, così magari mi ricevono».
Per fare che cosa?
«Voglio proporre a Piersilvio Berlusconi un programma. Da gennaio, anche alla domenica mattina. Voglio andare in mezzo alla gente, parlare, scoprire i nostri paesi. Cose già viste, lo so».
Ma sarebbe lei a fare la differenza.
«Ma io non ho un manager, un’agenzia che mi stia dietro. Speravo di agire direttamente da sola, ma, come dice Celentano, la situazione non è buona».
Celentano canta. E lei?
«Io ho un disco che potrebbe uscire entro fine anno. C’è anche un pezzo di Lucio Battisti che avevo già cantato: Il mio bambino. Mi ricordo quando me la scrisse, erano gli anni Settanta. Io ero in classifica con brani come La riva bianca, la riva nera. Telefonò e disse: scrivo un pezzo ma voglio fare tutto io, non cambiarmi nulla. Il testo è di Mogol. Io allora pensavo: parla dell’amore per un innamorato. Invece adesso capisco che è proprio amore filiale».
Quanti ricordi. Potrebbe scriverli.
«Lo sto facendo, scrivo un’autobiografia. Sono arrivata alla cresima ma faccio fatica. Adesso devo scrivere delle tournée e del successo, però mi vengono cose che ricordano l’altro mio libro, Polenta di castagne. Inutile, la mia vita è quella, è fatta di cose semplici».
Se no non sarebbe Iva Zanicchi,
«Anche in politica cerco di essere così: dire pane al pane. D’altronde, se arriva un Brunetta colto e preparato che non ha paura di dire le cose e la gente ci sta, qualcosa vorrà pur dire, no?».
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