Imprenditrice uccisa, fermato un senegalese

Carlo Quiri

da Bergamo

Trentasei giorni per tornare dove si era partiti. Ovvero alla pista della prima ora, la più scontata, forse la meno suggestiva, di certo la più semplice in quel groviglio di intrighi, misteri e pettegolezzi che per oltre un mese hanno trasformato un omicidio forse banale in un giallo senza fine.
Ha una faccia e un nome - anche se gli inquirenti ancora non lo vogliono svelare - l’assassino di Maria Grazia Pezzoli, l’imprenditrice quarantacinquenne massacrata nella sua casa-ufficio in Val Seriana. Ed è il volto di uno straniero, senegalese, quarant’anni, proprio come lo aveva descritto subito ai carabinieri una vicina. Lo aveva visto aggirarsi intorno all’appartamento della vittima il giorno del delitto. Si ipotizzò, però, che si trattasse di un fattorino brasiliano, anche lui effettivamente in zona in quelle ore.
Era il 25 luglio, da allora Vertova, con la sua chiesa che si affaccia sulla montagna, si era trasformato da borgo ridente a paese silente. Angoscia, paura, reticenze ai confini con l’omertà mentre i carabinieri frugavano tra le pieghe dell’esistenza della vittima. Centocinquanta interrogatori, tra amici, parenti, persone legate da rapporti d’affari e soprattutto dipendenti ed ex della società che la donna gestiva col marito. Lui, ufficialmente, assessore allo Sport del Comune.
Trenta coltellate avevano messo fine alla storia di Maria Grazia, proprio nel giorno in cui davanti a un notaio avrebbe dovuto farsi intestare dal marito la ditta di famiglia, la Val.Cop, impresa edile rinata dopo un dissesto finanziario. Un particolare che in qualche modo, complicava la vicenda.
Dove cercare l’assassino? E soprattutto, quale il movente? Di certo, per ora, sembra esserci solo un elemento: l’omicidio dell’imprenditrice sarebbe maturato nell’ambiente lavorativo. Rancori, forse soldi non pagati, rapporti difficili con i dipendenti.
Aveva lavorato alla Val.Cop per sette anni il senegalese fermato ieri dai carabinieri insieme con un connazionale. Anni in cui non erano mancati problemi col marito della vittima per questioni di denaro. Non solo, sembra che lo straniero avesse chiesto (senza ottenerlo) il riconoscimento di un infortunio occorsogli in un cantiere di Padova. Poi tre anni fa se ne andò sbattendo la porta. Coi conti, evidentemente, ancora da regolare.
Non il primo incidente alla Val.Cop: sette anni fa un operaio aveva perso la vita. E addirittura pochi giorni dopo il delitto, un altro dipendente, pure lui senegalese, era morto precipitando da un capannone in costruzione.
Di lui, per ora, si sa solo che abita a Gandino insieme al connazionale fermato dai carabinieri con l’accusa di complicità, ma poi a quanto sembra, rilasciato.

Fondamentali per arrivare ai due le tracce di sangue rilevate fuori dalla finestra dell’ufficio della Pezzoli poi confrontate con i tamponi di saliva prelevati dagli investigatori a un centinaio di possibili sospetti nei giorni successivi all’omicidio. Il Dna ora incastra il quarantenne mentre resta da chiarire il ruolo del suo amico e coinquilino. Intanto i carabinieri hanno tolto i sigilli. Dopo un mese d’albergo, ieri il marito di Maria Grazia è tornato a casa.

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