Relazioni politiche e crediti da vantare. Interventi presunti e presunte richieste di favori. Indagini «archiviate» d’incanto, udienze rinviate su richiesta di Ghedini, cambi di bandiera studiati a tavolino da Berlusconi in persona. Reati, però, nemmeno uno. Di tutte queste voci non c’è alcun riscontro.
Chiusa l’inchiesta P3, sono finite depositate decine di migliaia di carte e verbali che mettono in piazza presunte rivelazioni nelle quali nemmeno i pm romani Capaldo e Sabelli hanno trovato traccia di illeciti. L’inchiesta è chiusa, il quadro accusatorio definito, si va verso il rinvio a giudizio per i venti indagati (tra i quali Verdini e Dell’Utri), ma dagli atti saltano fuori anche vicende ed elementi che con il futuro processo, e con il codice penale, non c’entrano molto. Ma garantiscono il funzionamento del tritacarne mediatico.
C’è, per esempio, un verbale d’interrogatorio di Arcangelo Martino, uno dei «capi» della loggetta, secondo i pm romani, che il 24 settembre scorso decide «di riferire l’intervento di Lombardi, almeno secondo le sue parole, sul presidente Fargnoli che, quale presidente del Tribunale dei ministri di Roma, sempre a dire del Lombardi, era competente per le indagini su un procedimento penale contro Berlusconi per la vicenda dell’uso degli aerei di Stato. Il Lombardi sosteneva di essere intervenuto su Fargnoli, su richiesta di Gianni Letta, e che era stato lui “a risolvere il problema”, intendendo dire in questo modo che il procedimento contro Berlusconi era stato archiviato dal Tribunale dei ministri grazie al suo aiuto». La «P3» che «archivia» una magagna? Suggestivo. Peccato che, nel trasmettere gli atti al tribunale dei ministri, la procura di Roma aveva già richiesto l’archiviazione. E infatti, nell’avviso di chiusura indagine, non c’è traccia di questo episodio.
Nel verbale del 3 dicembre scorso, il «tributarista» Pasquale Lombardi, invece, accenna a un’altra faccenda. L’intervento per far rinviare un’udienza del giudizio tra Mondadori e l’Agenzia delle entrate (poi rinviato davanti alle sezioni unite della Cassazione da Vincenzo Carbone, che per questo è indagato). Lombardi racconta di essere andato dall’avvocato dello Stato Oscar Fiumara su richiesta degli «avvocati della Mondadori», tra i quali su richiesta del pm indica Niccolò Ghedini, per «chiedere che volevano il rinvio, io questo ho fatto, non ho fatto più di questo». Una - presunta - richiesta che, come detto, non ha avuto seguito nelle indagini (né Ghedini né Fiumara sono indagati), ma che avrà certamente un secondo tempo mediatico.
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