Inchiesta sul condono «fantasma»

Un condono su un palazzo che non aveva alcun abuso da sanare, un contratto di locazione milionario (13 milioni e 500mila euro) e un direttore dell’Usce che «resiste» ai tentativi di far chiarezza di un consigliere comunale.
La vicenda del palazzo di via Tuscolana 1782/1788 la racconta proprio lei, Adriana Spera, il consigliere di Rifondazione comunista che ha cercato di far luce su questa storia intricata. «Bisogna partire dal 1983 - comincia la Spera - quando l’allora assessore all’urbanistica, il socialdemocratico Antonio Pala, rilascia un cambio di destinazione d’uso temporaneo a quel palazzo che si trasforma da esposizione di mobili a ufficio pubblico. All’interno trovano posto Istat, Inps e Sip. Nell’atto d’obbligo era già presente la clausola che impegnava il proprietario a rimettere in piedi l’esposizione di mobili una volta che gli uffici se ne fossero andati. Questo perché il cambio di destinazione d’uso era legato ai contratti di locazione».
Gli anni passano, la Sip nel 1991 abbandona la struttura e una parte dell’immobile rimane sfitta. Arriviamo così a inizio 2007 quando la Spera viene avvertita dal sindacato Usi/RdB Ricerca che il proprietario ha presentato richiesta di condono sulla parte inutilizzata da 16 anni. «Inoltre il privato ha dichiarato per ottenere la sanatoria - continua il consigliere capitolino - che un ufficio non meglio precisato della pubblica amministrazione aveva occupato quei locali il primo novembre 1991. Una cosa del tutto falsa. Quel palazzo io lo conosco molto bene, visto che ci ho lavorato per anni. E lì dentro non c’è stato più nessuno. Così il sindacato ha diffidato l’amministrazione a concedere un atto poiché la dichiarazione era del tutto falsa». Anche la Spera si muove per cercare di capire cosa stia succedendo, ma con pochi risultati. «È un provvedimento carente di motivazioni per cui mi aspetto che l’Usce faccia verifiche. E invece niente, non manda a controllare nemmeno i vigili. Nonostante tutte le rassicurazioni che non sarebbe stato rilasciato alcun condono in pochi giorni è stato fatto tutto». Il condono viene rilasciato il 7 marzo e certifica il palazzo come ufficio pubblico, ma la Spera non ci sta e fa richiesta di avere accesso agli atti. «A quel punto il direttore dell’Usce, l’architetto Antonio Gagliardi, ha fatto di tutto per resistere. Quando sono andata mi hanno fatto attendere 2 ore e, quando ho potuto avere la cartella, ho visto che erano state tolte le segnalazioni. I faldoni erano stati depurati. Intanto ho presentato un’interrogazione comunale sulla vicenda e chiesto la sospensione, prima, e la revoca, poi, del provvedimento di falso condono». Ma perché un condono su un palazzo che non presenta abusi? La risposta si trova in quello che è successo successivamente. «Ad aprile - conclude la Spera - l’Istat si è affrettata a chiudere il nuovo contratto di locazione. Ha voluto anche i 1.

813 metri quadrati che erano sfitti pagando la cifra record di 13,5 milioni di euro per sei anni con un aumento di spesa di 400mila euro all’anno. Sembra il solito malcostume all’italiana dei “palazzi d’oro”». Cosa è veramente successo adesso lo dovrà stabilire la magistratura che sta indagando sulla vicenda.

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