Gli incursori che fecero l'impresa cavalcando "maiali" d'acciaio

Alfio Caruso ricostruisce la vicenda di Teseo Tesei, Elios Toschi e compagni

Gli incursori che fecero l'impresa cavalcando "maiali" d'acciaio

L'episodio più celebre è finito in quasi tutti i libri di storia sulla Seconda guerra mondiale. La notte del 18 dicembre 1941, Alessandria d'Egitto veniva cullata placida dal Mediterraneo e con essa le navi da guerra dell'Impero britannico ormeggiate nel suo porto. La Luna illuminava quasi a giorno lo sciabordio del porto più importante dell'Egitto, il cuore della potenza navale britannica che, sino a quel momento, aveva condotto lo scontro quasi a senso unico contro la più timida marina italiana.

Ma la calma è apparente: il sommergibile Scirè evita mine e reti di sorveglianza stese dai britannici e si ferma, a circa 1,3 miglia nautiche da Alessandria. Alle ore 20.47, lo Scirè inizia ad affiorare e libera i «maiali». Questo il nome sgraziato e antieroico che gli incursori italiani avevano dato, con una certa dose di goliardia, alla loro arma segreta. Un'arma povera ma geniale che per essere condotta sino ai bersagli richiedeva un lucido coraggio (che poco ha a che vedere con la disperazione del kamikaze). Una volta rilasciati i siluri a lenta corsa (vero nome dei maiali), il sommergibile volge la prua verso La Spezia. Gli uomini della Decima Mas che li cavalcano si trovavano soli contro le colossali navi della Royal Navy e le difese del porto. Sono in sei: il tenente di vascello Luigi Durand de la Penne con il capo palombaro Emilio Bianchi, il capitano del Genio Navale Antonio Marceglia era in coppia con il sottocapo palombaro Spartaco Schergat, mentre il capitano delle Armi Navali Vincenzo Martellotta era insieme al capo palombaro Mario Marino. Hanno fortuna perché le reti all'imbocco del porto sono rimaste aperte per far rientrare alcune cacciatorpediniere. La squadra si separa e tra enormi difficoltà riesce a posizionare le testate esplosive sotto due corazzate - la Valiant e la Queen Elizabeth - e sotto una petroliera, la Sagona. All'alba le tre navi vengono squarciate dalle esplosioni, quella della petroliera è così forte che danneggia anche il cacciatorpediniere Jervis.

Dopo la notte di Taranto, dove gli aerosiluranti britannici hanno fatto scempio delle corazzate italiane, dopo gli scontri di Punta Stilo e Capo Matapan, questa volta è la flotta britannica ad essere sull'orlo del tracollo. Anche se gli inglesi cercheranno di fingere che le loro corazzate incagliate sul fondo del porto siano ancora operative, forti del fatto che tutti i sei coraggiosi incursori vennero catturati.

Per usare le parole di Churchill: «Sei italiani equipaggiati con materiali di costo irrisorio hanno fatto vacillare l'equilibrio militare nel Mediterraneo».

Ecco se, come dicevamo, questa è l'impresa più eclatante e nota della X flottiglia Mas, il percorso per arrivare ad Alessandria è stato costellato da un numero indicibile di avventure. E non solo sul mare. Lo sviluppo dei maiali e l'addestramento degli uomini adatti a condurli furono una sfida tecnica e anche medica. Questa vicenda che ha le sue radici nelle incursioni portuali della Prima guerra mondiale è raccontata con dettaglio ma piglio quasi da romanzo nelle pagine del nuovo saggio di Alfio Caruso: Incursori del re. La vera storia della X Mas (Neri Pozza, pagg. 240, euro 20).

Caruso - che ebbe anche l'occasione di incontrare di persona Durand de la Penne proprio alla redazione de il Giornale, quando la medaglia d'oro al valor militare era ospite di Montanelli - ricostruisce un'epopea che ruota attorno a personaggi eccezionali. In primis Teseo Tesei ed Elios Toschi, che dei siluri a lenta corsa furono gli ostinati genitori. I due si conoscono all'accademia navale. Il primo è un elbano patriota e fatalista. Il secondo anconetano vitalista ed avventuroso. Si ritrovano nel '35 a La Spezia e mentre Toschi è consegnato nei suoi alloggi per scarso rispetto degli orari di servizio nasce il progetto di questi incredibili mezzi d'incursione. Nel 1939 il reparto della Marina che si addestrava all'uso di questi mezzi fu trasferito in una base segreta situata a Bocca di Serchio. Nacque un modo particolare di essere ufficiali e marinai. Non piaceva a tutti e non sempre agli incursori venne resa la vita facile. Da un lato c'è l'incredibile sforzo a cottimo condotto al Serchio. Dall'altro i denigratori che «insistono per anni... ostacolando la nostra opera fino allo scoppio delle ostilità» (così descrisse la situazione Toschi). Ma con la guerra penetrare nel porto di Alessandria o riuscire a violare Gibilterra o Malta divenne una delle pochissime speranze di vittoria.

E allora gli uomini di Bocca di Serchio vennero levati dalla naftalina del sospetto di chi voleva navi giganti senza avere il coraggio di portarle in mare. Pagarono, per ottenere risultati enormi, un prezzo enorme. Elios Toschi sopravvisse all'affondamento del sommergibile Gondar e finì prigioniero in India dove riuscì a fuggire, al terzo tentativo, dal campo di prigionia di Yol. Tesei decise di saltare in aria durante l'operazione Malta Due, nel tentativo di forzare le ostruzioni che proteggevano il porto di La Valletta.

Furono anche molti altri ad essere presi prigionieri e morire, come le 31 medaglie d'oro del reparto raccontano meglio di molte parole. Tanto che dopo l'8 settembre Lionel Crabb, il numero uno dei sub inglesi, corse a cercare i vecchi nemici per arruolarli contro i nazifascisti. E questa volta furono i tedeschi a saltare.

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