Carlo Taormina
La mia vuole essere anche una testimonianza diretta. Crescono nelle carceri malumore, protesta ma prima di tutto speranza. Nessuno dei detenuti vuole esercitare ricatti, ma si sa bene come queste cose possano andare a finire e la responsabilità, questa volta, sarebbe esclusivamente delle pubbliche autorità. Sono anni che si parla di un provvedimento di clemenza e la gravità istituzionale del problema è che il nostro non è un sistema che non preveda simili provvidenze perché esse sono contemplate, ed in certa misura imposte, addirittura dalla Costituzione. A ciò si aggiunge che, salvo eccezioni, tutte le forze politiche, pur nella diversità di opinioni sui reati cui applicare unamnistia e un indulto, concordano sulla esigenza di pervenirvi.
C'è stata poi la presa di posizione di Mastella che ha avuto conseguenze deflagranti nei penitenziari, trattandosi di un annuncio autorevole e proveniente da persona dichiaratasi sempre favorevole all'iniziativa.
In questo momento, io distinguerei nettamente tra amnistia e indulto. La controversia tra le forze politiche è sempre sorta, e in queste ore sta montando, sull'amnistia e non sull'indulto. Ci sono valide ragioni perché ciò accada. L'amnistia della quale si è fatto spesso uso per ovviare alla incapacità di attendere a una massiccia depenalizzazione, incide su molti principi costituzionali, particolarmente sull'obligatorietà dell'azione penale e sulla indefettibilità della giurisdizione, perché essa riguarda processi in corso. Inoltre la effettività della sua incidenza implica oggi la applicabilità a reati anche gravi, giacché levoluzione del nostro sistema penale, attraverso pene sostitutive e alternative, ha fatto sì che in carcere per reati puniti con la reclusione fino a tre anni non ci vada più nessuno. Ed è logico che, quando si discute di reati gravi, le valutazioni delle forze politiche cambino a seconda delle rispettive sensibilità.
L'indulto, invece, sul piano concreto, può apparire destinato a risolvere il solo problema del sovraffollamento carcerario, col quale l'amnistia nulla ha da spartire. Certo, a questo gravissimo inconveniente si sarebbe potuto rispondere con la costruzione di altre carceri e non con la liberazione dei detenuti, ma questo tipo di politica fino ad oggi non ha dato risultati.
Il realismo, perciò, impone la scelta di un'altra strada e, sotto il profilo della celerità e della semplicità di un intervento che non metta in discussione questioni di sistema, l'indulto non ha alternative. Va detto, però, che l'indulto assolve anche ad altre finalità, ragione per la quale è previsto dalla Carta fondamentale.
A fronte dei sistemi di molti altri Paesi dove, tra minimo e massimo della pena per i singoli reati il gap è rilevantissimo, da noi esso è di consistenza ben inferiore. Ciò rende molto rigido il nostro sistema sanzionatorio ed esso ha pochi eguali in Europa. È una scelta che, tenuto conto del tasso di criminalità nel nostro Paese, può essere condivisa, per la efficacia deterrente che è in grado di determinare.
In tale ottica l'indulto permette di mantenere questa logica di fondo del sistema ma, al tempo stesso, consente di intervenire con soluzioni riequilibratici. Ed è da ricordare che il Costituente aveva in esso ravvisato uno strumento usuale per la gestione della politica criminale, prevedendo, per la sua approvazione, la maggioranza parlamentare semplice, contro gli attuali due terzi. Non è, dunque, la sola contingenza del sovraffollamento carcerario a giustificare oggi l'emanazione del provvedimento, anche se esso duplica o triplica la pesantezza della pena da scontare, e la vergognosità della organizzazione carceraria giunge a rendere bestiale il trattamento dei nostri detenuti.
Le differenze che ho cercato di tracciare tra amnistia e indulto dovrebbero contribuire a rendere assolutamente condivisibile il percorso, già da altri indicato, di dare immediata approvazione al solo indulto affinché esso non sia travolto dalle polemiche e dalle divaricazioni sull'amnistia.
Penso anche, e non soltanto per accelerare l'iter legislativo, che nessun reato, purché non abbia comportato l'applicazione dell'ergastolo, debba essere escluso dal beneficio, specialmente se lunica norma da cui potrebbe essere composto il disegno di legge, dovesse prevedere la revoca del beneficio e lespiazione integrale della pena originariamente inflitta, in caso di consumazione di altro delitto nei dieci anni successivi.
Un bel deterrente capace di trasformare il beneficio in un potente strumento reale di tutela della società.
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