da Roma
Il santo più popolare, più amato, più citato. Cosa si poteva dire di più su un uomo del quale è stato raccontato tutto? Al di là del suo valore artistico - che i telespettatori potranno giudicare stasera e domani, in prima serata su Raiuno - Chiara e Francesco ha almeno due meriti. «Quello di aver appaiato nel titolo e nel racconto la figura del Poverello d'Assisi alla ragazza che ne seguì gli insegnamenti - osserva il regista Fabrizio Costa -, e quello di raccontare, per la prima volta in un film, l'avventura spirituale e umana di Francesco alla corte del Sultano». «Due santi sono meglio di uno - scherza il produttore Luca Bernabei -, così siamo sicuri d'essere protetti dall'alto». «Chiara è popolare come Francesco, ma meno conosciuta», dice la diciottenne Mary Petruolo che la interpreta. «Una volta tanto, ho approvato i trailer preparati da Raiuno - commenta il regista - dove si annuncia il film come una grande storia d'amore».
Ne consegue, osserva il direttore di Raifiction Saccà, «che portando anche Chiara in primo piano, il racconto si è fatto molto più complesso. C'era fra i due un rapporto complementare, anche a livello simbolico - lui che per rinuncia si spoglia di tutto, lei che per lo stesso motivo si mette il velo; lui che va in giro per il mondo e lei che si chiude in clausura - utilissimo ad illuminare il valore di entrambi. E dal quale si può dire sia nata la spiritualità moderna». Qualcuno aggiunge anche una possibile vicinanza fra quei due giovani e i giovani d'oggi.
E di modernità dei due protagonisti si parla nel capitolo, cinematograficamente inedito, dell'amicizia tra il santo cristiano e il capo dei musulmani. «Un'amicizia nata dall'umanità, dalla spiritualità di entrambi - osserva Ettore Bassi, cui è stato destinato il ruolo del Poverello -; e chiaramente metaforico del rapporto, viceversa inquieto, che oggi separa Cristianesimo e Islam». «Un'incomprensione che, oggi come allora - precisa Costa - non nasce dalle diverse convinzioni ma dalla lotta per il potere. Francesco e il Sultano riescono a parlarsi proprio nel momento in cui i rispettivi eserciti si fronteggiano minacciosi».
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