È per me un grande onore comparire con un mio libro nella stessa collana - «Le forme» di Garzanti - che edita adesso Lettera dallinferno (pagg. 75, euro 11) di Ingrid Betancourt, che dal 2002, anno in cui era candidata alla presidenza della Colombia, si trova prigioniera nelle mani dei guerriglieri delle Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane. La lettera, scritta nel 2007 e indirizzata alla madre, è giunta in circostanze fortuite ai familiari ai quali era stata indirizzata, e questa è la prima traduzione mondiale autorizzata, con titolo italiano che serve a rafforzare.
Diciamolo: con tutto ciò che è successo nel mondo ci eravamo dimenticati di lei, di Ingrid Betancourt, anche se di recente il suo nome è stato fatto qualche volta, per esempio da Sarkozy. Però ci sentiamo sconfitti da questo incalzare di eventi che ci costringe a dimenticare ciò che sarebbe giusto ricordare. Come potevo dimenticarmi di Ingrid Betancourt? Eppure lho fatto, labbiamo fatto. Questa dimenticanza è il cancro della nostra vita di uomini moderni. Anche gli uomini che hanno catturato questa grande donna sono uomini moderni: e calpestano la sua vita, ne fanno una cosa senza dignità, grigia, attentando non solo alla vita umana, ma anche al tessuto di ogni giornata.
Lautrice della lettera ci dà però una testimonianza di grande fede e di sconcertante dignità. Le prove ai limiti dellumana sopportazione, la privazione degli affetti, la malnutrizione non mettono in dubbio la sua fede, anzi, la rafforzano. Nessuna eco, nemmeno lontana, di rimostranza contro Dio, traspare da queste pagine: ogni occasione, anzi, è buona per ringraziare Dio e la sua bontà.
In questo non cè la minima ombra di retorica. I buoni sentimenti sono lontani, come quelli cattivi. Resta la realtà. Il dolore ha reso questa donna più attenta al valore delle cose. Raccomanda ai figli di studiare, di dare tutto ciò che possono nel loro campo, perché ora più che mai il valore della conoscenza le è chiaro. Ingrid comprende ora anche il senso della politica, il suo valore di servizio alluomo. Parlando degli Stati Uniti, dice che la loro grandezza «non è frutto della ricchezza della terra o delle materie prime ecc., ma della grandezza danimo dei governanti che hanno plasmato quella nazione». E, dopo una lode a Lincoln, che pose il valore della vita umana sopra ogni altro interesse, afferma: «In Colombia, dobbiamo ancora riflettere sulle nostre origini».
Cè chi deve ancora riflettere sulle proprie origini, cara Ingrid, e chi - come noi europei - non vuole più riflettere. Da qui nasce la dimenticanza, che è sempre (anche) dimenticanza di sé. Tu cinsegni, dalla tua prigione, a essere innanzitutto uomini. Che tutto il mondo simpegni per la tua liberazione.
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