«Innocenzo VIII, il Papa che riscoprì il Nuovo Mondo»

Mezzo millennio. Cosa rimane ancora da scoprire sull’epopea di Cristoforo Colombo che 513 anni fa, il 12 ottobre, toccò le coste del Nuovo Mondo? Dettagli, si dirà. Ancora moltissimo, invece, sostiene Ruggero Marino, giornalista e storico che all’impresa dell’Ammiraglio del Mare Oceano ha dedicato buona parte della sua carriera e che in questi giorni, in coincidenza con l’anniversario, pubblica il suo ultimo lavoro: Cristoforo Colombo. La storia tradita e i veri retroscena della scoperta dell’America (Sperling&Kupfer).
Ruggero Marino, perché la storia è stata «tradita». Qual è il «giallo» di Cristoforo Colombo?
«Quello che ci racconta la storiografia ufficiale per me è una soap opera d’annata, un fumetto d’antiquariato. È come se oggi un chicano messicano varcasse la frontiera e pretendesse di essere ricevuto da Bush. Ci riesce, gli chiede delle astronavi perché è sicuro di poter scoprire un nuovo pianeta e nel giro di poco tempo ottiene tutto ciò che gli serve per l’impresa, nomina di Vicerè del nuovo pianeta compresa. È credibile? Bene, è quello che sarebbe successo a Colombo. Di umili origini, frequenta la corte del Portogallo, sposa una nobildonna, poi viene introdotto, in Spagna, da Isabella e Ferdinando e ponendo un diktat riesce a spuntare tutto ciò che pretende; ha rapporti con Toscanelli, una delle menti più brillanti del tempo, dà suggerimenti a papa Alessandro VI... Solo chi ha alle spalle un potere fortissimo può osare tanto».
E allora, qual è la verità?
«Io sostengo che l’“operazione America” faccia capo direttamente alla Chiesa di Roma. È il papato a “scoprire”, o meglio, a “rivelare” il Nuovo Mondo. Almeno a partire dal Mille sapeva che dall’altra parte dell’Oceano esisteva un quarto continente, pur non conoscendone la geografia precisa. Poi, alla fine del ’400, i tempi stringono: l’Islam si fa sempre più minaccioso, il sapere anche grazie all’invenzione della stampa inizia a sfuggire di mano ai chierici, e servono ingenti quantità di oro per una nuova crociata contro i musulmani. È tempo di rivelare il Nuovo Mondo e così la Chiesa “crea” un inviato, un Christo Ferens, un portatore di Cristo: Cristoforo appunto. Colombo sapeva benissimo dove stava andando, cosa avrebbe trovato, cosa doveva fare: evangelizzare i nuovi popoli e portare l’oro in Europa. Poi è accaduta un’altra cosa: la campagna di disinformazione operata dalla Spagna sull’impresa, perché altrimenti avrebbe dovuto cedere a Roma e Colombo almeno la metà di tutto ciò che si scopriva. Ecco perché ancora oggi ci sono così tante lacune su Colombo e la sua impresa».
Le prove della sua ipotesi?
«I legami strettissimi tra Colombo e papa Innocenzo VIII, genovese della famiglia Cybo sulla cui lapide sta scritto: “Durante il suo regno la scoperta di un Nuovo Mondo”, quando invece morì sette giorni prima della partenza delle caravelle da Palos; le molte mappe “impossibili”, antecedenti il 1492, che segnalano una terra oltre l’Oceano; il fatto che nel processo tra i discendenti di Colombo e i Reali di Spagna alcuni testimoni affermano che l’Ammiraglio possedesse un codice della biblioteca di Innocenzo VIII con conoscenze geografiche rivoluzionarie; l’ammiraglio turco Piri Reis che parla di una “pre-scoperta” da parte dello stesso Colombo...».
E gli storici come accolgono le sue teorie?
«Al principio ho incontrato ostilità preconcetta da parte dell’“intellettopoli colombiana”. Poi qualcosa è cambiato, lentamente.

Lo stesso Paolo Emilio Taviani, uno dei massimi studiosi in materia, prima mi attaccò in maniera dura, poi finì per manifestare una certa apertura. L’Accademia con me ha operato nella maniera classica: prima negare, poi sminuire, poi far passare l’idea che tutto ciò si sapeva da sempre».

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