Intercettazioni, altolà del Csm «La legge è incostituzionale»

Il sottosegretario alla Giustizia Santelli: «Come al solito...»

Marianna Bartoccelli

da Roma

Il Csm risponde con l’ennesimo «pollice verso» ad una legge del governo Berlusconi. Stavolta si tratta della richiesta di parere del ministro Castelli sulla legge per le intercettazioni. E riunitosi in plenum definisce le norme del ddl «incostituzionali». Intanto il suo vicepresidente, Virginio Rognoni, rilascia una lunga intervista a Radio 24 con la quale giudica «infamante» l’accusa di politicizzazione della magistratura ma considera poco opportuna la candidatura di Gerardo D’Ambrosio (nelle liste dell’Unione). E rovesciando lo schema, ribadisce che «la magistratura deve essere libera e sbaglia se politicizzata. Riguardo poi agli errori che può commettere, questi sono giudicati dalla sezione disciplinare del Csm che non è per una giurisprudenza domestica, come qualcuno ha detto». Così il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura respinge l’idea lanciata dal ministro Castelli di affidare ad un organismo esterno al Csm il giudizio disciplinare sui magistrati: «Sono in attesa di vedere come sarà organizzato questo giudice disciplinare esterno. Faccio presente che i padri costituenti, non a caso, hanno ritenuto che la sanzione disciplinare debba essere applicata dal Csm». Insomma tra il palazzo della politica e quello dei Marescialli è scontro sempre più forte. Nel voluminoso dossier con il quale il plenum boccia il ddl sulle intercettazioni le norme del governo vengono definite «eccessivamente rigide e irragionevolmente sbilanciate sul versante della tutela dei diritti di riservatezza» e «possono comportare non ragionevoli ostacoli all’efficacia delle intercettazioni». Come a dire che sono norme che tendono a salvaguardare più l’intercettato che la necessità dell’indagine. Per il Csm infatti il timore di una «impropria diffusione dei risultati dell’intercettazione» non può «ostacolare o limitare il pieno e necessario utilizzo processuale dei risultati». Critici i consiglieri di Palazzo dei Marescialli anche sul ricorso al «doppio binario»: sarebbe «opportuno - suggeriscono - un ripensamento delle soluzioni che escludono in via generale il ricorso alle attività di intercettazione nei procedimenti per fattispecie criminose di grande rilievo sociale, che l’esperienza dimostra essere accertabili in molti casi soltanto ricorrendo a quelle attività». Secondo il Csm inoltre bisogna valutare la ragionevolezza di alcuni limiti, come quello dell’esclusione dell’ascolto su utenze di persone non indagate. Questo potrebbe dar adito alla fittizia intestazione a terzi delle utenze di persone non indagate. Gli italiani, dai risultati di una ricerca Eurispes, sono tra le popolazioni più ascoltate: 30 milioni di intercettazioni negli ultimi dieci anni, mentre il ministero della Giustizia parla addirittura di 100.000 intercettazioni in un anno. E la pubblicazione di intercettazioni che non vanno neanche agli atti di un’inchiesta ha fatto esplodere il caso e convinto il governo a emanare un disegno di legge. Sul quale ieri c’è stato il parere negativo del Csm.

«Come sempre è successo in questi anni - commenta Iole Santelli, sottosegretario alla giustizia - il Csm riesce a smentire anche le leggi della statistica, per la quale a volte si fa bene, a volte si sbaglia. Da parte del Consiglio invece ci sono state critiche continue per qualsiasi legge o provvedimento fatti da questo governo.»

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