L’ente del lavoro che ingessa i neo lavoratori

I guai del Jobs Act

A qualche giorno di distanza dalla ufficializzazione del piano promosso dal nuovo governo per favorire la ripresa economica e stimolare il mercato del lavoro, le misure di intervento preannunciate dal premier Renzi continuano a sembrare, per molti versi, poco efficaci. Accanto alle condivisibili - seppur migliorabili nei contenuti - proposte di semplificazione del contratto di apprendistato, eliminando tutti gli adempimenti che ne frenano la diffusione, e di ampliamento dell'a-causalità del contratto a termine, non convincono affatto né la scelta di semplificare le fattispecie contrattuali attraverso l'introduzione del contratto unico a tempo indeterminato a tutele crescenti, né l'ipotesi di creare un'Agenzia nazionale per l'occupazione come polo di coordinamento e indirizzo dei Centri per l'impiego.

È discutibile, infatti, la teoria secondo cui dalla semplificazione del panorama contrattuale dovrebbe derivare automaticamente maggiore occupazione ed elasticità «in entrata». Tanto meno si comprende che utilità possa avere una nuova istituzione burocratica a capo del sistema di collocamento pubblico che notoriamente non colloca. In un momento economico-finanziario così critico, i rimedi che il nuovo esecutivo intende mettere in atto non sembrano in grado di dare vero impulso e risposte concrete all'emergenza occupazionale quanto piuttosto orientati nella direzione opposta a quella auspicata, ovvero verso un ulteriore e dannoso irrigidimento del sistema. Non è certamente funzionale all'apertura del mercato del lavoro l'inibizione della flessibilità, così come può rappresentare un inutile e pericoloso spreco di denaro il potenziamento di un sistema pubblico di servizi per l'impiego che nella realtà dei fatti non ha mai funzionato.

Ciò di cui il mercato del lavoro ha veramente bisogno - proprio contrariamente all'idea del contratto unico - è una maggiore attenzione al concetto di occupabilità (employment protection), la promozione di un diritto del lavoro europeo, un potenziamento delle forme più moderne di lavoro capaci di coniugare le esigenze di chi fa impresa con quelle di chi opera al suo interno (cosiddetto smart work, lavoro a distanza e lavoro agile), di una mirata promozione di programmi di welfare aziendale, di una seria riduzione dei costi del lavoro.

In vista poi dell'arrivo dei finanziamenti stanziati con il programma europeo Garanzia per i Giovani, considerati gli ultimi allarmanti dati Istat sul tasso di disoccupazione giovanile, l'impegno del governo dovrà essere quello di assicurare che i fondi stanziati vengano spesi in maniera davvero efficace per stimolare l'occupazione giovanile.

E questo potrà avvenire investendo nell'alternanza scuola-lavoro, incentivando l'apprendistato e borse di tirocinio, promuovendo forme di collaborazione attiva tra scuola, università e imprese, incentivando il passaggio del testimone dagli anziani alle nuove generazioni attraverso forme di transizione come il cosiddetto Patto generazionale.

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