Quei mestieri senza crisi (dove non servono lauree)

Dal pizzaiolo al tatuatore: ecco i settori che si sono espansi in periodi di austerità

Quei mestieri senza crisi (dove non servono lauree)

Certo, quando un giorno non ci resterà più libero nemmeno un lobo d'orecchio anche il settore dei tatuatori conoscerà la parola crisi. Ma possiamo stare tranquilli, siamo ancora lontani dal big bang: ampie zone del nostro corpo sono ancora sguarnite da affreschi e aforismi, quello del tatuatore resta al momento il mestiere che tira di più. Secondo i dati diffusi dalla Cgia di Mestre, dal 2009 al 2013 più 442,8 per cento di occupazione. Nella terra della «sconvolgente disoccupazione giovanile» (Matteo Renzi dixit), è una percentuale sconvolgente. È pur vero che la stessa Cgia ricorda la famosa regola della statistica, non quella del pollo di Trilussa, l'altra: per un comparto molto piccolo, anche un lieve spostamento comporta grandissimi numeri in percentuale. Ma è altrettanto vero che il boom di segno positivo, proprio nel bel mezzo della nostra valle di lacrime, riguarda diversi altri mestieri. Sempre negli ultimi quattro anni: +348 per cento pasticcieri, +216,3 pellettai, +199,1 addetti alle pulizie, +189,8 disegnatori grafici.

Sembrano notizie da Marte. Sembra l'economia di un'altra galassia. Ed effettivamente in qualche modo lo è: si parla di artigianato, di piccola imprenditoria, in altre parole del lavoro capillare che i grandi analisti e i grandi talk-show regolarmente ignorano, presi dalle tendenze e dalle grane di tutto quanto è macro. Purtroppo, è inevitabile constatare che analisti e talk-show non sono i soli a trascurare queste incredibili verità sommerse: da quanto ci dicono i devastanti numeri della «sconvolgente disoccupazione giovanile», le trascurano, le ignorano, le scantonano anche molti disoccupati italiani. C'è poco da obiettare. Altrimenti non si capirebbe come mai da una parte continui a salire la percentuale angosciante dei senza lavoro, mentre dall'altra gli artigiani continuino a segnalare che non trovano mano d'opera. Tatuatori, pasticcieri, pellettai, addetti alle pulizie, grafici: abbiamo detto delle loro percentuali stellari. Ma secondo i rilevamenti della Cgia ci sono altre opportunità ugualmente favorevoli: pizza al taglio, gastronomie, rosticcerie, friggitorie, estetiste, serramentisti, panettieri, giardinieri, gelatai, tinteggiatori. C'è tutto un campionario di attività artigianali - finemente manuali, ma non solo manuali, perché il cervello e la fantasia servono sempre - c'è un variegato campionario di segno positivo che nel 2013 è andato alla grande. E che ancora aspetta risposta alle chiamate. Purtroppo. Nemmeno fossimo il paradiso terrestre della piena occupazione.

Forse la prima risposta a questa colossale contraddizione è molto semplice e scontata: noi abbiamo avvocati e dottori in scienze della comunicazione da piazzare, non tatuatori e giardinieri. Ma non va bene. Non sta in piedi. Non possiamo permettercelo. Se crisi è, pesante e interminabile, a un certo punto dev'essere la necessità a determinare le scelte. E dovrebbero essere proprio le necessità e i bisogni ad aguzzare l'impegno, se non proprio l'ingegno. Non serve essere degli stoici alla Seneca per comprendere che le prove della vita, come questa crisi tremenda, possono renderci migliori, farci progredire, aprirci insospettati domani di felicità. Forse per troppo tempo abbiamo cresciuto i nostri ragazzi nella speranza che le difficoltà si possano evitare. Ma la vera conquista non è evitarle: è imparare ad affrontarle e a superarle.

Se tutto questo passa da una bella riscoperta di arti e mestieri,

come li chiamavamo una volta, si faccia sotto anche la crisi. Non ci batterà. Meglio un pizzaiolo occupato che un avvocato disoccupato, meglio un'estetista occupata che una pierre disoccupata. Il resto è solo piagnisteo.

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